Mercoledì 24 Aprile 2024

Mala del Brenta, il canale è in secca: tornano alla luce i forzieri di Maniero

La siccità svela un mistero rimasto sott’acqua per oltre trent’anni: ritrovate le casseforti svaligiate dalla banda guidata da ’Faccia d’angelo’. Rapine, sparatorie e fughe rocambolesche: l’epopea del bandito

Le quattro casseforti corrose dall’acqua. Se ne è sbarazzata la banda del Brenta

Le quattro casseforti corrose dall’acqua. Se ne è sbarazzata la banda del Brenta

Vigonovo (Venezia), 21 agosto 2022 - Qualcuno storce il naso, ma in tanti non hanno dubbi: i quattro forzieri riemersi dall’idrovia, mai completata, Padova-Venezia, sono quel che rimane di una parte del grisbì della Mala del Brenta, guidata da Felicetto Maniero, Faccia d’angelo e cuore di pietra. La siccità, forse, ha svelato un mistero rimasto sepolto per oltre trent’anni ed ha riportato a galla, si può dire, la truce storia di un personaggio tutto casa, omicidi e rapine, prima di un rapido pentimento chissà poi quanto davvero disinteressato. Proprio lui: quello del giro di droga e del traffico di armi, degli assalti ai treni, ai portavalori, agli uffici postali, alle banche e perfino alle chiese, come il 10 ottobre del ’91, quando ordinò a una squadra di fedelissimi, di rapinare una reliquia del Santo da lla basilica di Padova.

"Quegli incapaci dei miei uomini hanno sottratto il mento mentre io volevo la lingua. L’avrei barattata con lo Stato per la liberazione di un cugino detenuto", commentò sdegnato. Belle imprese e bella vita. Donne, ville, serate mondane, brindisi a calici alzati, manette a polsi serrati ed evasioni a sbarre segate. E sogni, sempre più in grande costruiti da un sereno alternarsi di smoking e mitra, e chissà, forse sostenuti proprio dal contenuto in preziosi e in quattrini dei rugginosi forzieri che il Canale Brenta in secca ha restituito agli sguardi e alle domande. Il fango e le caratteristiche della zona hanno reso complicato il recupero, ma l’’esame a distanza’ delle casseforti dimostra che qualcuno, per aprirle, ha usato gli sbrigativi metodi della fiamma ossidrica. Felice Maniero, del resto, nella zona era di casa. Proprio quell’area, infatti, era diventata il cimitero delle auto della gang, spesso crivellate di proiettili, quasi medaglie al merito, dopo gli assalti qua e là.

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Giorni lontani riportati bruscamente all’attualità, dopo il pentimento nel ’95, da una fallimentare esperienza da impresario, da una robusta catena di problemi economici e, nel 2010, da una denuncia della compagna per maltrattamenti, minacce e lesioni. "Che ingrata! E dire che le ho fatto fare una vita da nababba", reagì in lacrime come un ladruncolo di quartiere, mentre lo trasferivano prima in carcere e, più tardi, in una struttura protetta. L’altro Maniero, quello di un tempo, bello, spavaldo e un po’ sbruffone, riposava tra le pagine del suo spesso dossier giudiziario.

Una vera enciclopedia di malavita, preziosa raccolta di cronache leggendarie, di scontri a fuoco, di urla, di mani in alto in oreficerie, banche, convogli stradali e ferroviari, di assalti minuziosamente studiati e di precipitose fughe senza guardare troppo ai tragitti. Grandi rischi, e impagabili soddisfazioni. Nell’87 se la svignò dal carcere di Fossombrone, nel ’93 lo presero mentre in slip e occhiali, guardava il cielo dal suo yacht sul mare di Capri. Per lasciarsi alle spalle i disagi della detenzione offrì inutilmente, a Vicenza, 80 milioni a due guardie e replicò nel ’94, stavolta con successo, a Padova. Poi, cattura, processi e condanne. Fino al "completo ravvedimento", come disse lui. "Fino al vile passaggio tra gli infami", come invece sintetizzarono gli ex compagni in assalti. La vita da libero cittadino si è rivelata, forse, più difficile di quella col mitra: le gestione di un negozio di padelle all’Aquila, il suicidio di una figlia, a Pescara erroneamente etichettato come vendetta dei vecchi complici, l’impiego in una società di acque fino all’enigmatico progetto costruito a più menti, sulla ’microplastica utile per la salute dei bambini’.

E adesso i forzieri sul fangoso sottofondo di un fiume in secca: quanto mancava per aggiungere un ulteriore tocco di mistero allo spesso dossier di Felicetto, Faccia d’angelo.