"Mai più gogne giudiziarie". Di Maio divide i 5S

Il ministro fa mea culpa per la campagna contro l’ex sindaco di Lodi: "Fu una barbarie". Conte lo sostiene, molti grillini si dissociano

Migration

di Elena G. Polidori

Un tempo, Luigi Di Maio leader del M5s, era considerato un po’ come Fonzie, incapace di pronunciare la parola "scusa". Ora i tempi sono diversi, il M5s si è sfarinato e Di Maio riconosce le responsabilità sue e del suo partito nella campagna mediatica che seguì, 5 anni fa, l’arresto dell’allora sindaco di Lodi, Simone Uggetti. E chiede scusa. L’ex sindaco è stato assolto in appello per una vicenda di appalti sulle piscine comunali e il ministro degli Esteri ha sentito il bisogno di rimediare ad un torto, dichiarando che "le modalità con cui abbiamo fatto battaglia contro l’ex sindaco appaiono adesso grottesche e disdicevoli".

È un po’ come ammettere, tardivamente, che la storia delle campagne mediatiche del M5s, delle gogne inflitte agli avversari politici ma anche, semplicemente, a chi la pensava in modo diverso solo per fomentare l’elettorato contro fantomatici nemici della "legalità", sono tutte da censurare, perché il nuovo M5s, quello che attende l’investitura dell’avvocato Giuseppe Conte a nuovo leader, sarà diverso. E lo dimostra la dichiarazione dello stesso ex premier a sostenere l’iniziativa di Di Maio: "Riconoscere un errore, come ha fatto Luigi , è una virtù – ha commentato Conte – alimentare la gogna mediatica per contrastare gli avversari a fini elettorali contribuisce all’imbarbarimento dello scontro politico. La politica è dialogo, confronto anche aspro, utile a superare i conflitti sociali, ma deve sempre muovere dal rispetto della dignità delle persone".

Insomma, il M5s cambia passo anche su questo fronte e avversari storici, come Matteo Renzi, hanno accolto con favore la resa "giustizialista" grillina. "Meglio tardi che mai – ha infatti commentato Renzi – anche se sono scuse che arrivano dopo aver creato un ‘clima infame’ giustizialista e manettaro: nel 2016 vinsero le amministrative, ma la lettera di oggi (ieri, ndr) di Di Maio dimostra che lo fecero nel modo più vergognoso possibile". Il "giustizialismo" grillino, annota ancora Renzi, evidentemente "non tira più, il populismo è in crisi". Anche il Pd ha salutato con favore la svolta di Di Maio, con il senatore Andrea Marcucci che commenta: "Mai dire mai: in politica, la maturità si acquisisce crescendo", seguito a stretto giro da Annamaria Bernini di Forza Italia: "Di Maio ha ripudiato il metodo della gogna giacobina su cui il M5s ha costruito le sue fortune".

Ma tra i parlamentari grillini la svolta dell’ex leader non è accolta come una liberazione. Anzi. Se personaggi del calibro di Appendino, Cancelleri, D’Uva e Buffagni applaudono all’abiura, nel ventre molle grillino il gesto non convince: "La questione morale rimane – ha commentato Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia della Camera –, mi aspetto ora altrettanta onestà intellettuale e trasparenza da parte di tutti, a partire da quelli che stanno denigrando il M5s, in particolare Virginia Raggi". La quale Raggi di certo non ha manifestato entusiasmo, affidando a Twitter un commento freddo ( "Condivido le parole di Luigi Di Maio") simile a quello sibillino di Alessandro Di Battista ("Dei pensieri di Luigi bisogna chiedere a lui, ma l’etica non attende i tre gradi di giudizio"). Caustico, invece, il commento di Nicola Morra, ex 5 Stelle: "Equilibrio sì, scuse, se si è sbagliato, ma nessuna abiura di valori e principi". Parole che hanno fatto infuriare il Pd: "Penso che anche questa volta – ha commentato il senatore Franco Mirabelli – Morra avrebbe fatto meglio a tacere".