Venerdì 19 Aprile 2024

Trani, arrestati due magistrati. "Sentenze in cambio di tangenti e diamanti"

In cella anche un ispettore di polizia. Nei guai anche due avvocati. L'accusa: "Associazione a delinquere"

I magistrati Antonio Savasta e Michele Nardi

I magistrati Antonio Savasta e Michele Nardi

Bari, 15 gennaio 2019 - Processi comprati con Rolex d’oro, diamanti, ristrutturazioni immobiliari, viaggi a Dubai e un bel po’ di contanti. Sentenze aggiustate in cambio di mazzette. E tra le inchieste ‘sistemate’ anche quella a carico di Luigi Dagostino, imprenditore che, per un certo periodo, fu socio di Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo. L’ex pubblico ministero del Tribunale di Trani, Antonio Savasta, ora giudice del Tribunale di Roma, e il suo collega Michele Nardi, pm a Roma, e in precedenza gip a Trani, sono stati arrestati e condotti in carcere su disposizione dei pm di Lecce. In manette anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, in servizio al commissariato di Corato (Bari).    Oltre ai tre arresti, disposte altrettante misure interdittive. La prima per Dagostino nei confronti del quale è stato imposto il divieto di esercizio dell’attività imprenditoriale per un anno. Stesso provvedimento cautelare per gli avvocati Simona Cuomo, Foro di Bari, e Ruggiero Sfrecola, Foro di Trani, che non potranno esercitare per un anno. Nardi, Savasta, Di Chiaro e Cuomo rispondono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale per fatti commessi tra il 2014 e il 2018. Sfrecola e D’Agostino sono accusati di concorso in corruzione mentre altri indagati rispondono di millantato credito e calunnia.

Dagostino è un imprenditore barlettano (ma fiorentino d’azione), che tutti chiamano il «re degli outlet di lusso». Lo scorso settembre è stato rinviato a giudizio dal gup di Firenze, Silvia Romeo, insieme a Tiziano Renzi e alla moglie Laura Bovoli, per emissione di fatture false. I tre erano soci della società ‘Party’ che non ha avuto molta fortuna: si è sciolta dopo solo 15 mesi. L’ex pm Savasta, titolare di un fascicolo su una serie di false fatturazioni riguardanti Dagostino, avrebbe omesso di svolgere i dovuti approfondimenti investigativi, ottenendo in cambio un incontro, il 17 giugno 2015, con l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti al fine di garantirsi il trasferimento nella Capitale dopo essere finito in guai giudiziari in Puglia per una lottizzazione abusiva. Chi rese possibile l’appuntamento? Secondo le indagini sarebbe stato proprio Tiziano Renzi. A confermarlo ai pm di Firenze (che hanno indagato sulla vicenda prima di trasmettere gli atti a Trani) è stato lo stesso D’Agostino che interrogato, nell’aprile 2018, ha riferito di aver chiesto a Renzi senior di incontrare Lotti perché il pm Savasta aveva in mente un disegno di legge sui rifiuti a Roma.   Secondo l’ordinanza firmata dal gip salentino, Giovanni Gallo, i due magistrati arrestati avrebbero assicurato l’esito favorevole di molte altre vicende giudiziarie e tributarie facendosi ricoprire di solidi e cadeaux, mentre gli avvocati avrebbero svolto il ruolo di «facilitatori». Le mazzette quantificate dalla Procura di Lecce ammontano a oltre due milioni di euro, versate tramite consegne di denaro ma anche con Daytona d’oro e diamanti, e svelano l’esistenza di un sistema in cui i magistrati piegavano l’uso della giustizia ai loro fini personali come la possibilità di lavorare per Palazzo Chigi o al Csm. La Procura di Lecce ha anche chiesto e ottenuto il sequestro di beni e conti corrente per un valore proporzionale a quello oggetto della corruzione. Nello specifico 489mila euro per Savasta; 672mila per Nardi; 436mila per Di Chiaro e Cuomo; 53mila per D’Agostino e Sfrecola.