di Elena Comelli Emmanuel Macron punta a entrare nella storia come il presidente che ha liberato l’Unione europea dalle pastoie dei sovranismi e allargato i suoi confini ben oltre le frontiere attuali. Il suo attivismo di questi giorni ieri è però andato a sbattere contro i limiti del federalismo, nemmeno 24 ore dopo il suo discorso a Strasburgo sulla necessità di rivedere i trattati e trovare il modo per non bloccare l’Ue sui veti di un singolo Paese. È il caso dell’Ungheria, che da più di una settimana blocca l’accordo europeo a 27 sull’embargo sul petrolio dalla Russia, comportandosi come una vera e propria quinta colonna di Vladimir Putin tra le democrazie continentali. Ieri il presidente francese ha parlato al telefono con Viktor Orbàn, cercando di convincerlo a togliere il veto, senza successo. La telefonata, che ha fatto seguito all’incontro di lunedì tra Orbàn e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, fa emergere ancora una volta l’urgenza di un’Europa a due velocità, rilanciata a più riprese anche da Mario Draghi. Nel pieno dei suoi poteri presidenziali, che in Francia sono quasi assoluti, dopo la vittoria del mese scorso contro Marine Le Pen, Macron sembra deciso ad applicare anche all’Europa il suo slancio riformatore. "Dovremo rivedere i trattati, è chiaro", ha sostenuto a Strasburgo, ricordando che il suo predecessore François Mitterrand aveva proposto di ampliare il club europeo già quando l’Unione Sovietica è crollata nel 1989. L’idea di Mitterrand, il Faraone (come lo chiamavano allora i suoi connazionali), era di "organizzare l’Europa politicamente in un modo più ampio dell’Ue – ha detto Macron a Strasburgo – È nostro obbligo storico riprendere questa idea e creare quella che chiamerei una comunità politica europea", ha sostenuto, andando subito in rotta di collisione con 13 Paesi che invece si oppongono all’allargamento. Il ...
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