Mercoledì 24 Aprile 2024

Ma un mondo diviso in quote vola basso

Massimo

Donelli

e perfino i Cavalieri del Lavoro, che sono i senatori del nostro sistema industriale, hanno affermato che la leadership economica dovrebbe svecchiarsi, allora non perdiamo tempo e creiamo subito quote per gli under 40 nei board delle società di Piazza Affari, dove la media dei componenti resta over 60. Sta funzionando per l’equilibrio tra i generi, potrebbe accadere anche per quello tra le generazioni. Proviamoci". Lo ha detto ieri, parlando ai Giovani di Confindustria, di cui è presidente, il palermitano Riccardo Di Stefano, 35 anni, da dieci a capo dell’azienda di famiglia, l’Officina Lodato (impiantistica civile e industriale). Ha ragione? Temo di no.

Quella delle quote, infatti, è una strada scivolosa. E, ipoteticamente, senza fine. Per esempio: la quota religiosa (vogliamo forse discriminare chi non è cattolico?); la quota razziale (come la mettiamo con Black Lives Matter?); la quota sessuale (è pensabile lasciar fuori le persone LGBTQIAPK, cioè lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali, asessuali, pansessuali e kink, laddove kink sta per amanti di pratiche sessuali non convenzionali?); la quota immigrati (accoglienza fino in fondo, no?); la quota fragili (perché negare un gran finale di carriera a chi è oltre i 70?); e via categorizzando. Non crede, egregio dottor Di Stefano, che sarebbe meglio ragionare in termini di qualità delle persone anziché di quote, anagrafiche o meno? Mario Draghi, per dire, ha 74 anni: non le piacerebbe averlo nel suo consiglio di amministrazione? Che cosa dovrebbe fare, poi, il geniale Leonardo Del Vecchio, 86 anni, boss di EssilorLuxottica, gigante mondiale di occhiali e lenti? Dare le dimissioni e avanti i giovani? Rifletta, caro presidente. E accetti un consiglio da… vecchietto. Ovvero, prima di spararne un’altra, magari, morda la lingua ricordando l’antico adagio della sua terra: "A megghiu parola è chidda ca ‘un si dici".