Ma se non c’è il pubblico vero che festival è?

Andrea

Spinelli

Un Festival di Sanremo senza pubblico? Impossibile. Innanzitutto, perché si tratta di una gara, con le fortissime implicazioni emozionali che questo comporta in chi sale su quel palco a giocarsela, e poi come fai ad immaginare la fisicità di uno come Fiorello, che vive di relazione con la platea, ingabbiata dal gelo di un Ariston vuoto?

Agli applausi registrati è dovuta ricorrere in tv Fiorella Mannoia nel suo “La musica che gira intorno” e il risultato è stato innaturale, a dispetto della qualità dei duetti offerti assieme ad alcune tra più belle voci della canzone italiana. Quindi un pubblico, anche se ridotto a 150 figuranti contrattualizzati e tamponati come ipotizzato nelle ultime ore sul modello di altre trasmissioni, ci deve essere.

Ma non potrà mai come quello vero.

Per un’edizione in trincea come questa, invece, molto meno necessario il “circo” che ruota attorno al Festival, a cominciare da palco in piazza - già stoppato dal prefetto di Imperia perché in contrasto con le disposizioni dell’ultimo Dpcm - ma anche red carpet, sala stampa in presenza, postazioni radiofoniche sparse qua e là per la città ed eventi collaterali.

Data l’impossibilità, per motivi di raccolta pubblicitaria, svincolare dalle date 2-6 marzo, ostinarsi nel nome del “Sanremo della normalità” su pretese irrealizzabili di questi tempi significa andare a sbattere inevitabilmente contro la legge.

E far perdere ulteriore tempo prezioso alla macchina organizzativa.