di Ettore Maria Colombo La Consulta boccia, senza appello, il quesito referendario sul fine vita, detto anche "omicidio del consenziente" (e già la definizione non aiuta). Il colpo è forte, specie per i promotori, ma la decisione è solo in parte inaspettata. In un Paese che, a dispetto dei santi, è ancora di tradizione cattolica, la formulazione del quesito, così com’era, sarebbe stata troppo. Non a caso, tra le parti che si erano costituite come avvocati anti-quesito ci sono due associazioni, Scienza&Vita e l’Unione giuristi cattolici (Ugci), entrambe molto vicine al Vaticano e alla Cei ("Inderogabile scelta di vita"). Le quali, non a caso, esprimono "soddisfazione gratitudine verso l’alto magistero dei giudici costituzionali attenti alle persone più fragili", dice il loro portavoce. Ovviamente, l’associazione Luca Coscioni, che ha promosso l’imponente (1,2 milioni) raccolta firme l’estate scorsa accusa il colpo. Filomena Gallo e Marco Cappato, segretario e tesoriere, parlano di "sconfitta per la nostra democrazia". Ma l’associazione annuncia che "il cammino verso la legalizzazione dell’eutanasia non si ferma. Non lasceremo nulla di intentato, dalla disobbedienza civile ai ricorsi giudiziari, dal corpo delle persone al cuore della politica" mentre Mina Welby parla di "stilettata al cuore. Sono senza parole e triste". La politica ‘scopre’ che, in realtà, una legge sul fine vita ci sarebbe: giace in Parlamento da anni, dopo mesi di dibattito in commissione era stata calendarizzata per l’Aula, poi di nuovo messa nel cassetto. E ora, tutti i partiti vogliono riprenderla, tanto che l’iter ripartirà già domani alla Camera. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Sull’argomento, dopo anni di letargo, si svegliano persino i 5Stelle. Lo stesso avvocato Conte parla di un "progetto normativo ben articolato" che poi è il ddl a prima firma Trizzino, ex esponente del M5s, poi sostituito da Provenza, e Bazoli, del Pd. Il testo ...
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