Giovedì 18 Aprile 2024

"Ma ora basta, parliamo troppo del Covid". Il j’accuse di Massimo Fini al pensiero unico

"L’informazione è monopolizzata dal virus perché la nostra società è terrorizzata dall’idea della morte. E così rinunciamo a vivere"

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"Non se ne può più dei giornali fatti così. E men che meno della televisione. Esiste un solo argomento: il Covid. È ora di fare marcia indietro e cominciare a parlare d’altro". L’abitudine alla battaglia è sempre quella, Massimo Fini non si smentisce. Firma prestigiosa, saggista. Soprattutto grande polemista. Capace di sparare sulle cose che non sopporta. Una in particolare, in questo momento storico.

Bollettino Covid Italia del 17 ottobre

Fini, cosa c’è che non va?

"Siamo tutti malati. Il virus ha infettato i cervelli, non solo il resto del corpo. Lo sconquasso è evidente: la pandemia è il nuovo pensiero unico".

Colpa di chi scrive o di chi legge?

"Il Covid è diventato una stampella preziosa per i giornalisti. Non si sa come riempire le pagine? Basta parlare del contagio e il gioco è fatto".

Ma è l’argomento principe: come si fa a ignorare quel che incide sulle vite di tutti?

"Ci mancherebbe. Ma i media non prendono le giuste distanze. Leggo solo comunicati stampa, le cifre del comitato scientifico o come si chiama, le solite interviste ai soliti virologi".

E invece?

"E invece si deve tornare all’antico. Ricordo la lezione di Nino Nutrizio, mitico direttore de La Notte: il giornalismo si fa prima con i piedi e poi con la testa. Gli argomenti vanno annusati e trovati, dopo va dato senso e unità al materiale raccolto. Altrimenti non ci siamo: datemi i fatti, le opinioni me le faccio da solo".

Andare, vedere, raccontare. Ma oggi le persone portano la mascherina, non sai neppure che faccia hanno...

"Non dico che sia facile. Ma in genere la stampa si accontenta dell’ovvio. Il problema esisteva anche prima, il Covid l’ha amplificato all’ennesima potenza. La gente ha reagito in due modi opposti: ignorando le notizie o cercandole compulsivamente. Ma sono notizie i bollettini quotidiani di morti e ricoverati?".

Perché accade?

"Il senso di angoscia è contagioso. Trova terreno fertile nella società del benessere che rifiuta la morte biologica e pensa di aver diritto alla felicità. Invece la finitezza dell’uomo è il postulato della nostra esistenza. Questo andrebbe sottolineato".

E i credenti?

"Non credono più. Il senso del sacro è scomparso, la religione è come la superstizione. Io sto con Nietzsche: Dio è morto nelle coscienze, la messa è finita".

La gente è in gran parte terrorizzata dal Covid...

"Il modello occidentale ci ha portato a ragionare così. Non siamo più abituati alla realtà che vuol dire dolore, vecchiaia, morte. Una pasticca per eliminare la sofferenza. La palestra e la corsetta per sentirsi sempre giovani. E alla morte non vogliono nemmeno pensarci. Peccato che arrivi un virus a richiamare tutti all’evidenza".

Il Covid è semplicemente un virus o qualcosa di più?

"Porta con sé due caratteristiche sgradevoli. La prima: siamo untori l’uno dell’altro. La seconda: monopolizza l’attenzione, trasformandola in forme spesso ossessive. Vai a cena, non più di sei persone, e la prima domanda è: hai fatto il tampone?".

È colpa dei giornali?

"Il virus è forte di suo, i media gli hanno offerto una sponda preziosa: ne hanno amplificato la potenza. Ma andando a rimorchio delle paure si crea una sinergia sinistra. Oltre all’epidemia nel mondo c’è tanta bellezza. E tanta bruttezza. Parliamo anche di quelle".

Lo crede possibile? Si può parlare di politica o sport lasciando da parte il Covid?

"C’è il derby a Milano, i tifosi discutono di Ibrahimovic che rientra dopo la quarantena e dell’Inter decimata dalla positività di molti giocatori. Il tema caldo delle elezioni americane è Trump che non porta la mascherina neanche dopo il ricovero. Questi però sono i guasti di una democrazia che è diventata totalitaria, la libertà d’opinione è limitata".

Succede dappertutto?

"Nel sistema occidentale sì. Dove il mondo viene visto con altri occhi no. In Afghanistan si combatte una guerra fra talebani e Isis: lì non si preoccupano se tossiscono la mattina. E neppure in Siria".

In quei posti fanno un’informazione migliore della nostra?

"Misuriamo tutto col nostro metro. Ma il giornalismo fa il contrario, altrimenti è un altro mestiere. I reportage di Al Jazeera e Al Arabiya sono di prim’ordine".

Forse noi diamo alla gente quello che la gente vuole...

"Questo è un guaio. Alimentiamo un’ansia di massa che è il male della modernità, un’ansia che si traduce in tossicodipendenza, alcolismo, depressione. L’uomo è capace di rinunciare a vivere pur di non morire".

Fini, non le sembra che alla fine questa sia un’intervista sul Covid?

"È vero, non siamo riusciti a evitarlo. Speriamo di non risultare positivi".