Giovedì 18 Aprile 2024

Ma la terapia non diventi un liberi tutti

Il rischio di farne un precedente

Marco Cappato con Walter De Benedetto

Marco Cappato con Walter De Benedetto

Firenze, 28 aprile 2021 - Ci mancava solo che lo condannassero. Non lo chiedeva la pubblica accusa, e non lo ha voluto il Gip. Bene. Walter De Benedetto ha il diritto di fare di tutto per attenuare le sue sofferenze: anche coltivare in casa un po’ di cannabis. Che non vende agli angoli bui delle strade, ma assume come terapia del dolore. Non gli basta, ma qualcosa fa. È stato forse ineccepibile denunciarlo. È stato altrettanto corretto assolverlo. Pensare che il caso De Benedetto, l’eccezione curativa, possa diventare la regola, è invece la solita operazione politica per cui 2 più 2 finisce per fare 22 e non 4, e a cui si sono subito dedicati tutti i movimenti sì-drug, Sardine comprese.

Il ragionamento è noto: se la cannabis fa bene ai Walter, non fa male a nessuno. Che è come dire che siccome la morfina è la mano santa che accarezza e distende il volto dei sofferenti, i morfinomani, come le dame francesi dell’800, non sono dei drogati, e la morfina non è una droga da vietare fuori dall’uso sanitario.

Sarebbe come dire che siccome in autostrada c’è una corsia di emergenza per i mezzi di soccorso, tanto vale che ci passino anche quelli che hanno fretta. Insomma, bene l’assoluzione di De Benedetto, e bene l’uso terapeutico, controllato, fermo restando, però, che una droga resta una droga.

Anche quelle leggere, spesso anticamere delle pesanti: che non bastano per curare lo spirito, ma sono sufficienti a ferire il corpo.