Venerdì 19 Aprile 2024

Ma il premier non avalla il pensiero unico

Il significato delle sue parole

Mario Draghi ha fatto Mario Draghi. Ha detto quello che uno statista cattolico afferma con determinazione quando si appalesa anche solo il fumus di una possibile lesione esterna alla sovranità e alla laicità dello Stato e, dunque, alla libertà e alla non confessionalità del Parlamento. Prima di lui lo hanno fatto altri statisti cattolici, come De Gasperi e Moro. Una volta rimesse le cose al loro posto nelle relazioni tra Italia e Vaticano, lo stesso premier, però, ha avvisato che il disegno di legge Zan è materia delle Camere e non del governo. E, dunque, come tale è laicamente e legittimamente discutibile: una possibilità che il pensiero unico della neo-religione gender, però, aborre

Il governo, insomma, è stato e rimane fuori dalla contesa politica sul merito della proposta Zan. E in questo non c’è solo l’opportunità politica di un presidente del Consiglio sostenuto da una maggioranza divisa proprio sull’oggetto del contendere. C’è, verosimilmente, la posizione convinta dello stesso Draghi che se da un lato condanna (giustamente) la stretta omofoba ungherese di Viktor Orbán, dall’altro non ritiene di sostenere, anche solo come opinione personale, un testo che non convince la metà del Parlamento, oltre che decine di associazioni femministe e centinaia di autorevoli giuristi e acuti osservatori di matrici culturali le più varie.

Eppure, per i guardiani della rivoluzione gender non c’è niente da discutere, niente da perfezionare, niente su cui confrontarsi. Non c’è nessun rischio per la libertà di opinione o di manifestazione del pensiero (non della Santa Sede, ma di noi tutti). Nessun pericolo che, in un Paese con la magistratura più discrezionale del mondo, si svegli un pm e ci indaghi per la più elementare dichiarazione non in linea con la nuova ortodossia, ossessiva e assolutista che non ammette il più liberale, occidentale, illuminista e volterriano dei principi: quello del dubbio.

Anche solo ipotizzare l’arresto non per un fatto compiuto, una discriminazione, un insulto, ma per una opinione (anche provocatoria) perché considerata istigazione da un giudice, ebbene già solo questo dovrebbe farci fermare a riflettere sulla deriva intrapresa, questa sì da Stato etico o da Paese islamico. Poi, però, con queste premesse, non ci sarà da stupirsi e elevare alti e ipocriti lai quando, presto o tardi, ci ritroveremo, anche per queste forzature improvvide, con qualche simil-Orbàn nostrano che, forte del consenso elettorale, non solo abolirà la legge Zan, ma farà qualcosa di peggio. Noi condanneremo quel peggio, ma con qualche diritto in più di chi lo ha favorito.