Mercoledì 24 Aprile 2024

"Ma dopo il Covid servivano sindaci visionari"

Il politologo Campi: occasione persa. "Il mondo è cambiato, nessun candidato ne ha parlato. Solo da Sala a Milano qualche idea"

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di Antonella Coppari

Un’occasione persa. Alessandro Campi, docente di scienza della politica all’Università di Perugia, è deluso dai candidati in campo in queste elezioni amministrative. "Avremmo avuto bisogno di sindaci visionari, in grado di interpretare il cambiamento post Covid".

In che senso?

"La pandemia ha reso gli spazi urbani obsoleti. Bisogna ripensare i luoghi di lavoro, le scuole e le università, le aree verdi, i trasporti. Quello che c’era prima non funziona più: ci sono occasioni di intervento straordinarie. È questa la scommessa in tutto il mondo. Sono state buttate in pista persone che non hanno detto nulla su questo versante. Forse Sala, a Milano, è stata l’unica eccezione. Al contrario, avremmo avuto bisogno di figure in grado di interpretare il cambiamento facendo proposte ardite. Dei visionari".

È sbagliato pensare che torni la stagione dei sindaci d’Italia?

"Sì. Per essere il primo voto nazionale dopo la pandemia, che riguardava le grandi aree urbane del Paese, il dibattito politico è stato di una povertà sconsolante. Come se gli ultimi due anni non fossero mai esistiti. Invece di discutere di quello che bisogna fare in concreto a Roma, a Milano, a Bologna, a Torino e a Napoli si è parlato delle solite robe generiche, dalla sicurezza alla immigrazione. È stata una carenza trasversale, particolarmente pronunciata in casa del centrodestra".

Può influire sul voto?

"Interpreto il disagio di molti, è plausibile che l’astensionismo aumenti. È possibile cioè che la gente non vada a votare perché i candidati non riescono a dare una risposta alle richieste di cambiamento che il post pandemia esige. Poi magari andrà diversamente: l’Italia è un paese strano, lo spirito partigiano prevale su tutto e può anche darsi che le polemiche di questi giorni spingano gli elettori di destra a mobilitarsi contro attacchi che ritengono strumentali, e quelli di sinistra a fare altrettanto per evitare la vittoria della destra".

Qual è la vera posta in gioco?

"Riguarda i partiti. Sul governo non ci saranno riverberi"

Chi ha più da perdere?

"Quello che è successo negli ultimi giorni dimostra che i margini di rischio maggiore li ha il centrodestra. Già era partito in salita, visto che la scelta dei candidati non è stata molto felice, gli scandali non hanno aiutato, evidenziando problemi obiettivi che – nei rispettivi partiti – hanno Salvini e Meloni. In ogni caso, quando prendi dei civici devi scegliere il migliore del mazzo, altrimenti non si capisce perché devi puntare su una personalità esterna. Da questa parte, hanno dato l’impressione di sottovalutare l’appuntamento per puntare sul bersaglio grosso, le elezioni politiche. Ma se vuoi governare il Paese, devi dare l’idea di essere una forza combattiva. Di giocartela sempre".

Enrico Letta non rischia?

"È quello che potrebbe guadagnarci più di tutti. Se gli va bene, si rafforza due volte: dentro il partito, perché può interrompere la catena di sconfitte che la sinistra ha inanellato in questi mesi. Tranne per Emilia-Romagna e Toscana, le regionali sono state un disastro. E si rafforza anche all’esterno se M5s non andrà bene. Finora democratici e grillini hanno ragionato sulla base di un rapporto quasi paritario, ma se ora i numeri dovessero dare ragione al Pd, sarebbe il Nazareno a dare le carte nell’alleanza. Senza contare che si consolida la sua posizione di azionista di riferimento nel governo".

Chi vince le amministrative farà il bis alle politiche?

"Non c’è automatismo, ma questo è un passaggio politico intermedio che fa da trampolino alle politiche".