Ma dalla Fornero non si scappa senza quattrini

Non meravigliamoci se dopo la Fornero, a gennaio, ci sarà ancora tanta Fornero. Un conto sono le promesse o le prospettive elettorali, altro la dura fatica del governo. E dei conti. Che devono tornare in un 2023 che si annuncia in rosso, in attesa di un 2024 appena al di sopra della soglia di galleggiamento. In questo mondo, insomma, per le rivoluzioni o le grandi riforme che abbiano un costo aggiuntivo, come quella delle pensioni, lo spazio è poco. Un pertugio, in cui i fattori possono cambiare, ma il prodotto, cioè i bilanci, no. Non meravigliamoci dunque se un uomo accorto come Giorgetti, a budget immutato, ragiona con mano leggera su due leve: esodi anticipati con decurtazione, e prolungamento del lavoro con incentivo. Perché quota 67 non deve essere un capestro, e nello stesso tempo sarebbe un inutile sciupio affidare alla cura dei nipoti certe professionalità che il mercato non offre. D’accordo. Ma in un mondo del lavoro rivoluzionato dallo smart working, in cui gli spazi di vita diventano priorità, con una disoccupazione giovanile da paura, ragionare sugli over 60 e non più in particolare sugli under 30, può e deve essere una parentesi: come l’uso del carbone prima che le energie alternative scaldino i nostri inverni. Perché non c’è dubbio che il dopo va garantito e tutelato, ma è anche e soprattutto sul prima che va premuto l’acceleratore, sui nuovi posti di lavoro che vanno creati e remunerati in modo adeguato per garantire i consumi di oggi e le pensioni del domani, impresa che non può essere affidata solo alla riduzione del cuneo fiscale. E quanto alle professionalità, non è certo riprogrammando il cervello di un anziano con i microchip che stanno già nel dna di un trentenne che le aziende possono stare al passo con le meta-dinamiche di mercato e di produzione. Allora, bene l’oggi se si pensa al domani. Con passo felpato, alla Giorgetti. Verso una vera "rivoluzione".