Mercoledì 24 Aprile 2024

Ma così diventa la caricatura di se stesso

Matteo

Massi

Come cantavano Le Sorelle Bandiera? Fatti più in là. Fatti più in là, Toni. Che è poi quello che, un tempo, veniva consigliato a Nanni Moretti: doveva spostarsi di lato per farci vedere i suoi film. Glielo disse un maestro del cinema come Dino Risi.

Che Toni Servillo resti il migliore attore italiano in circolazione non vi è dubbio. Che il suo ego sia talvolta accentuato pure: qualche giorno fa, in un’intervista, parlava del “rapporto stupendo che ho con i miei registi“. Miei? Lapsus freudiano forse.

C’è un rischio per Servillo: che finisca col diventare una caricatura di se stesso, un Bob De Niro in versione italica che con una frequenza inaudita interpreta personaggi anche di commedie improbabili. Preso come - e forse ancora di più i registi (Sorrentino in primis), anche loro non sono senza colpa - a piazzare il suo volto abile a trasformarsi, la sua maschera d’attore in ogni film. Ed è proprio quello che non vorremmo.

Da devoto (non senza spirito critico) del cinema di Sorrentino di cui Servillo, appunto, è l’attore-feticcio, ho amato alla follia “Le conseguenze dell’amore“. Nel film Servillo è Titta Di Girolamo, contabile della mafia costretto a vivere nascosto, con un approccio al personaggio tutto in sottrazione. E quando lui si siede davanti a quel bancone del bar dell’hotel, dove vive, e incrocia lo sguardo della bella barista Sofia (Olivia Magnani), le dice, contravvenendo a tutte le regole che si era imposto, quasi sussurrando: "Forse sedermi a questo bancone è la cosa più pericolosa che ho fatto in tutta la mia vita". Pura poesia della normalità.