Giovedì 18 Aprile 2024

Stragi di pecore e incontri ravvicinati. Troppi lupi, ora l'Appennino trema

Quasi 2mila gli esemplari in Italia. I pastori contro il ripopolamento

I lupi vivono in modo stabile dalla Campania al Piemonte (omaggio)

I lupi vivono in modo stabile dalla Campania al Piemonte (omaggio)

Firenze, 1 marzo 2015 - E’ UN INVERNO da lupi, che fa battere i denti. Non tanto per il freddo, ma per la paura. La paura di incrociarne uno, di lupo, muso a muso. Non appare cosa difficile, giacché si fanno sempre più audaci, avvicinandosi ai centri abitati. E se si scorre la cronaca delle ultime settimane se ne ha prova. Pievescola, provincia di Siena: 45 pecore sbranate in una notte. Monteferrato, vicino Prato: caprette e agnelli sgozzati, e i cani che li difendevano spariti. Castellaccio, porte di Livorno: cinghiali e mufloni ridotti a raccapriccianti carcasse. Altre pecore sbranate a Sant’Agata Feltria, provincia di Rimini, e a Pugliano in Alta Valmarecchia. Uno dei casi più recenti a poca distanza dall’Autosole: un lupo ha raggiunto il centro di Stabbiano e si è imbattuto in un uomo, che armato di una pala è riuscito a farlo tornare sui suoi passi. "Ma se n’è andato zampettando serenamente", ha raccontato.

VIEN DA GRIDARE ‘al lupo, al lupo’, ma è forse meglio non farlo per evitare che nessuno intervenga. L’allarme è infatti serio, e chi abita in campagna vive preoccupato. Allevatori, imprenditori agricoli, semplici pastori sono atterriti. Non per la vita o la salute, perché – è bene sottolinearlo – generalmente i lupi non attaccano l’uomo, e anzi gli stanno alla larga. Ma perché, bene che vada, perdono tutto quello che hanno. È un’intera economia che crolla. E la colpa è dell’uomo, che stupidamente o ingenuamente convinto di contrastare le irruzioni dei cinghiali li ha ‘importati’ laddove non ce n’erano, finendo poi con lo scoprire che i lupi prediligono la carne ovina, ch’è più facile da procacciare, più abbordabile, e disponibile in gran quantità. La colpa è dell’uomo che riempie i cassonetti di cibo e dei relativi effluvi, attirando fino alle porte di casa i lupi più affamati. La colpa è dell’uomo che ha immesso svariati altri animali selvaggi, succulenti prede per le fauci dei lupi, in aree e terre tradizionalmente non proprie. Un esempio nel territorio senese, dove la fauna selvatica è pressoché fuori controllo, come sostiene l’Unione provinciale agricoltori di Siena: "La provincia a sud e a sud-est è un enorme parco naturale – ma totalmente ‘innaturale’ – dove canidi e ungulati possono razziare e distruggere indisturbati".

I LUPI sono predatori, certo, ma anche facili prede. Perciò sono diventati specie a rischio estinzione, e protetta. Negli anni Settanta in Italia ne erano infatti rimasti poco più di 200, tutti sull’Appennino (soprattutto su quello tosco-emiliano). Poi la sua tutela è stata sostenuta da campagne di sensibilizzazione come l’operazione non a caso denominata 'San Francesco', che nel giro di pochi anni è riuscita a garantire un discreto ripopolamento. Così oggi, secondo le ultime stime, a fronte di qualche centinaio di esemplari eliminati ogni anno dai bracconieri, ne sopravvivono poco meno di duemila.

IN DIFESA dei lupi, bisogna dire che la loro presenza è segno di buona salute, per il territorio e la natura. Le ragioni in loro favore sono tante e riconosciute anche da chi per mestiere ne subisce i danni, come pastori e allevatori. Su tutti però ci sono indubbiamente gli animalisti, come quelli dell’Associazione Italiana Difesa Animali & Ambiente che da anni difende i lupi partendo dall’immagine stereotipata che si portano incollata addosso. E lo fa anche con iniziative bizzarre: in gennaio il gruppo ha infatti chiesto al Parlamento europeo di rivedere la favola di Cappuccetto Rosso, e ai genitori di non raccontarla più.