Mercoledì 24 Aprile 2024

L’uomo con 32 chip sotto la pelle "Per pagare striscio la mano"

Gli arti come bancomat, ma usati anche per aprire il garage. Lo strano caso dell’olandese Patrick Peuman. I congegni pesano meno di un grammo. "Non ha prezzo la reazione di chi sta alle casse"

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di Giovanni Rossi

Carta o bancomat? Ogni volta che si presenta alla cassa di un esercizio commerciale, Patrick Peuman, 37 anni, addetto alla sicurezza olandese, si gode lo spettacolo e mentalmente sghignazza. Le reazioni del cassiere di turno "non hanno prezzo", ammette da autentica carogna digitale. Mentre i comuni mortali appoggiano carta o telefonino sul contactless o, peggio, sono costretti a digitare preistorici pin, lui salda il conto avvicinando la mano al dispositivo. Merito di uno dei 32 chip sottocutanei che si è fatto innestare negli anni per diventare il primo correntista bionico sulla faccia della Terra (e parecchio altro). La tecnologia contactless Peuman ce l’ha addosso. E pazienza se, guardando con riprovazione la ricevuta in carta chimica ciondolante dal Pos, a volte è costretto a spiegare che non c’è trucco e non c’è truffa ma solo tecnologia. Per un "biohacker" – come narcisisticamente si definisce – deve essere appagante deliziare la platea retrograda, dove magari si annidano nostalgici sfogliatori di banconote, con l’interazione istantanea tra uomo e silicio.

Peuman nel suo corpo ha impiantato un chip per ogni esigenza personale. Tipo: "Aprire la porta del garage o pagare la corsa in bus". Ma 32 chip sono tanti. E il protagonista non svela l’intera gamma delle funzioni. Si limita a declamare: "La tecnologia continua a evolversi, quindi continuo a collezionarne di più. Non vorrei vivere senza di loro", afferma con l’enfasi del collezionista di gioielli. E nell’autoritratto per la Bbc aggiunge di non avere preoccupazioni né per la sicurezza né per la privacy. Tantomeno per la salute. Ogni singola piastrina è grande poco più di un chicco di riso e l’installazione sottocutanea dà il fastidio di un pizzico. L’anglopolacca Walletmor, tra le prime aziende a offrire al grande pubblico il brivido dell’installazione, realizza chip sottocutanei ad uso umano che non arrivano al grammo di peso e vantano prestazioni di spiccata affidabilità. Già oggi è così almeno nella mansione dei pagamenti accelerati, ma alla condizione dirimente che al bar o al ristorante "il bio-hacker" non abbia "il braccino corto", altrimenti per gli amici sarebbe davvero scomodo schiacciargli la mano sul pos.

Peuman, addetto alla sicurezza tempestato di chip, rappresenta probabilmente un caso estremo, eppure la tentazione di innesti e protesi modello cyborg affascina un numero crescente di potenziali candidati. Il più recente sondaggio europeo realizzato nel 2021 su un campione di 4.000 cittadini rivela che la maggioranza degli intervistati – più esattamente il 51% – prenderebbe in considerazione l’installazione di piastrine sotto pelle. I chip di pagamento impiantati sono solo "un’estensione dell’Internet delle cose", un nuovo modo di connettere e scambiare dati, spiega Theodora Lau, esperta di tecnologia e fintech, coautrice di Beyond Good: How Technology Is Leading A Business Driven Revolution.

Del resto gli innesti nel corpo umano non sono più una novità da decenni. Era il 1998 quando l’inglese Kevin Warwick, classe 1954, professore di cibernetica, si fece impiantare un chip nel braccio. L’inizio di una nuova era. Nel 2018, rievocando quell’esperimento con QN, lo scienziato inglese raccontò che già solo indossare il chip per "tre mesi" sdoganò il corpo umano come coagente di progresso superando "le perplessità etiche" in materia. Novanta giorni da aspiranti uomini-dei: studiando "nuove forme di comunicazione nervi-cervello, input extrasensoriali, controllo di parti robotizzate", e, in seguito, ricercando la piena interazione tra due sistemi nervosi: quelli di Warwick e di sua moglie. La dimostrazione – secondo il protagonista – che "l’uomo può espandere le proprie capacità sensoriali" in una prospettiva di comunicazione totale proprio "attraverso il pensiero". Da tutti quegli studi scaturì, soprattutto, l’impulso finale alla ricerca e all’applicazione di chip per restituire parziali funzioni motorie ai soggetti vittime di lesioni: Cyborg per necessità e non per diletto. Oggi la straordinaria evoluzione della tecnologia spalanca scenari senza limiti. E l’uomo può ambire a scommesse molto più performanti che nascondere il portafoglio in una mano.