di Giovanni Rossi Carta o bancomat? Ogni volta che si presenta alla cassa di un esercizio commerciale, Patrick Peuman, 37 anni, addetto alla sicurezza olandese, si gode lo spettacolo e mentalmente sghignazza. Le reazioni del cassiere di turno "non hanno prezzo", ammette da autentica carogna digitale. Mentre i comuni mortali appoggiano carta o telefonino sul contactless o, peggio, sono costretti a digitare preistorici pin, lui salda il conto avvicinando la mano al dispositivo. Merito di uno dei 32 chip sottocutanei che si è fatto innestare negli anni per diventare il primo correntista bionico sulla faccia della Terra (e parecchio altro). La tecnologia contactless Peuman ce l’ha addosso. E pazienza se, guardando con riprovazione la ricevuta in carta chimica ciondolante dal Pos, a volte è costretto a spiegare che non c’è trucco e non c’è truffa ma solo tecnologia. Per un "biohacker" – come narcisisticamente si definisce – deve essere appagante deliziare la platea retrograda, dove magari si annidano nostalgici sfogliatori di banconote, con l’interazione istantanea tra uomo e silicio. Peuman nel suo corpo ha impiantato un chip per ogni esigenza personale. Tipo: "Aprire la porta del garage o pagare la corsa in bus". Ma 32 chip sono tanti. E il protagonista non svela l’intera gamma delle funzioni. Si limita a declamare: "La tecnologia continua a evolversi, quindi continuo a collezionarne di più. Non vorrei vivere senza di loro", afferma con l’enfasi del collezionista di gioielli. E nell’autoritratto per la Bbc aggiunge di non avere preoccupazioni né per la sicurezza né per la privacy. Tantomeno per la salute. Ogni singola piastrina è grande poco più di un chicco di riso e l’installazione sottocutanea dà il fastidio di un pizzico. L’anglopolacca Walletmor, tra le prime aziende a offrire al grande pubblico il brivido dell’installazione, realizza chip sottocutanei ad uso umano che non arrivano al ...
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