"Luna Rossa è l’ingegno italiano visionario. E abbiamo marinai che possono fare l’impresa"

Mauro Pelaschier, l’ex timoniere di Azzurra: dal mecenate ai progettisti della barca ipertecnologica fino alla cantieristica, ecco il meglio del nostro Paese

Luna rossa

Luna rossa

L’uomo e il mare. Ma anche: l’uomo è il mare. Vale per Mauro Pelaschier, storico timoniere di Azzurra all’alba dei gloriosi anni Ottanta. Tra un mese compie 72 anni, la chioma bionda è diventata bianca. Sta seduto davanti alle onde di Monfalcone, casa sua. Sorseggiando un bicchiere di vino buono."Ho fatto l’alba per seguire le regate di Luna Rossa – sospira –. Sono notti magiche, davvero. Per chi ama la vela, ma anche per chi non è esperto in materia. Stiamo 3 a 3 con i neozelandesi. È una sfida bellissima".

America’s Cup 2021, rinviata la quarta giornata per poco vento

Possiamo farcela?

"Sì, mai come stavolta la Coppa America è alla nostra portata. Credo dipenderà molto dagli episodi, perché l’equilibrio è assoluto. Abbiamo capito che, come nei Gran Premi di Formula Uno, la partenza è fondamentale. Ma naturalmente contano anche altre cose".

Posso chiederle se soffre di nostalgia?

"Per cosa?"

Per un posto su quella barca, su Luna Rossa.

"Ah, sicuro! Mi piacerebbe stare lì, mi divertirei. Ma cosa vuole, ognuno appartiene alla sua generazione. Io sono nato e cresciuto con il legno, mica con il carbonio".

Invidioso?

"Si figuri. Semmai il contrario. Io amo il mare, ci vado ancora, se vuole la invito sul guscio che uso adesso, un 8 metri. Ma non sono prigioniero del passato".

In che senso?

"Vede, la tradizione è sempre migliorata dalla innovazione. Vale per qualunque cosa. Non dobbiamo mai avere timore della evoluzione, del cambiamento. Prenda me: quando io ero il timoniere di Azzurra, mica volavamo sulle onde".

È meglio oggi?

"Certo. Da italiano, sono orgoglioso di quello che Luna Rossa rappresenta. C’è una somma di fattori che ci riporta alla identità più bella del nostro paese".

Addirittura.

"Guardi che dietro e dentro quella barca che lotta alla pari contro i Kiwi neozelandesi nelle acque di Auckland c’è tanta Italia. C’è la figura del mecenate, Patrizio Bertelli oggi come Gianni Agnelli lo fu per noi di Azzurra nel 1983 e poi Raul Gardini con il Moro di Venezia nel 1992: senza un leader pieno di passione non vai da nessuna parte. Poi c’è la creatività imprenditoriale, perché un progetto del genere coinvolge investimenti e risorse, capitali e valori umani. Penso alla cantieristica, che a livello industriale è importantissima. E non bisogna dimenticare la cultura delle nostre università, che hanno sfornato gli ingegneri chiamati ad occuparsi dei segreti tecnologici di Luna Rossa. Purtroppo noi abbiamo la tendenza a non dare peso alle nostre eccellenze, siamo vagamente autolesionisti. Infine, c’è l’umiltà".

L’umiltà?

"Sì, penso ai ragazzi che salgono a bordo di Luna Rossa, a quelli che ai miei tempi chiamavamo marinai. Alla fine di tutto, la superba tecnologia delle barche che volano sul mare viene governata da uomini. Parliamo giustamente di algoritmi, ma c’è sempre il marinaio".

E lei vorrebbe essere uno di loro.

"Gliel’ho detto, io sono un uomo del legno! Ma ero un timoniere incazzoso, urlavo sempre, su Luna Rossa mi arrabbierei di sicuro molto meno".

In caso di trionfo, la prossima volta in quale mare d’Italia dovremmo difendere la Coppa America?

"Sono d’accordo con Bertelli, che punta sulla Sardegna. La baia di Cagliari è la soluzione migliore".