L’ultimo sfregio a Saman Il padre: "Mia figlia è ancora viva" Ma smentisce anche se stesso

Udienza in Pakistan dove è stato arrestato. Nel 2021 fu intercettato: "L’ho uccisa per il mio onore"

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di Alessandra Codeluppi

"Saman è viva". Sembra smentire innanzitutto se stesso, ma non solo, il padre della 18enne pakistana sparita il primo maggio 2021 dalla sua casa di Novellara. Shabbar Abbas, arrestato dopo un anno e mezzo di latitanza e chiamato a rispondere per omicidio e soppressione di cadavere della figlia, lo ha detto ieri davanti al tribunale di Islamabad. Ma era di tenore ben diverso il dialogo intercettato il 6 giugno 2021, mentre lui parlava con un parente: "Per me la dignità degli altri non è più importante della mia – diceva Abbas – Io ho lasciato mio figlio in Italia, ho ucciso mia figlia e sono venuto, non me ne frega nulla di nessuno. Io sono già morto, l’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore. Noi l’abbiamo uccisa". Pochi giorni prima lui stesso, raggiunto telefonicamente, aveva assicurato che la figlia era viva, in Belgio e che lui sarebbe rientrato il 10 giugno, cosa mai accaduta. "È evidente commenta l’avvocato Barbara Iannuccelli di Penelope Italia, associazione che si occupa di persone scomparse, costituita parte civile nel processo per la morte di Saman, che Shabbar vuole mantenere l’impostazione originaria: dire che la figlia è sparita e che poi non ne ha più saputo nulla".

Quelle parole cozzano anche contro le ultime novità emerse da Novellara, ovvero la scoperta di resti umani dentro un casolare diroccato: a farli trovare è stato Danish Hasnain, lo zio di Saman, uno dei cinque imputati per la sua scomparsa, che ha guidato i carabinieri indicando loro il luogo. Dalle carte si scopre invece che Hasnain ha incontrato in carcere il cugino Ikram Ijaz. E ci sarebbe una frase inquietante che colpisce di Ijaz: "Io la immobilizzavo per le gambe mentre Danish e l’altro cugino la soffocavano".

Sulla 18enne quelle parole sono un’altra tegola, di certo la più pesante, caduta su di lei oltre a quelle del tetto pericolante che l’avrebbe celata in quest’anno e mezzo. E cozzano anche contro gli appelli che, alla vigilia dell’odierna Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sono stati rivolti da molteplici parti. A partire dall’invito a dare la cittadinanza italiana a Saman Abbas, lanciato dalla direttrice del Qn Agnese Pini. Fino a quello di celebrare per lei funerali di Stato, avanzato dal giornalista pakistano Ejaz Ahmad: "Ci aspettiamo che le istituzioni diano un segnale forte".

A Novellara sono intanto iniziati i lavori dei periti nominati dal tribunale reggiano: l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, nota per aver lavorato anche sul caso di Yara Gambirasio, e dell’archeologo forense Dominic Salsarola, entrambi dell’Università di Milano. I due specialisti sono accorsi ieri nel casolare diroccato di via Reatino, accompagnati dal presidente della Corte d’Assise del processo su Saman, Cristina Beretti, che li ha incaricati, dal procuratore capo Calogero Gaetano Paci e dal comandante provinciale dei carabinieri Andrea Milani. I presunti resti di Saman sono stati sepolti a tre metri di profondità, poi ricoperti da detriti, rottami e terra argillosa: il loro recupero, particolarmente delicato, richiederà lo scavo a mano e l’uso di un setaccio. Una volta portato alla luce, il cadavere, che sarebbe intero, sarà portato all’obitorio di Milano e da qui in un ospedale meneghino per gli accertamenti, tra cui la Tac per evidenziare eventuali fratture. Ci vorranno almeno due mesi.

Anche le difese hanno schierato consulenti: ieri a Novellara c’era Marzio Massimiliano Capra, genetista incaricato dall’avvocato Mariagrazia Petrelli per l’imputato Ikram Ijaz, e che lavorò a sua volta nel caso di Brembate, ingaggiato dalla difesa di Massimo Bossetti. Parla di "sfida" il medico legale Bonfiglio Gambarini, nominato dall’avvocato Liborio Cataliotti, che assiste Hasnain: "Ho accettato perché è un caso difficile ed è giusto appurare la verità".