L’ultima dei No Pass: firme per un referendum

L’obiettivo è raggiungere 500mila adesioni entro la fine del mese. Ma gli organizzatori non potranno utilizzare l’identità digitale

Carlo Freccero, 74 anni, ex direttore di Rai 2, è tra i promotori del referendum

Carlo Freccero, 74 anni, ex direttore di Rai 2, è tra i promotori del referendum

È un referendum contro uno "Stato che ha tradito", per abrogare un Green pass che "discrimina". E che "è destinato a diventare l’embrione della futura tessera di identificazione digitale a cui mira il Grande Reset attualmente in attuazione", per usare le parole di Carlo Freccero, ex direttore di Rai 2, oggi fra i protagonisti del comitato che punta a ottenere nel giro di un mese 500mila sottoscrizioni ai quattro quesiti referendari su altrettanti decreti, per poi depositarle entro fine ottobre e arrivare al voto comunque non prima di aprile 2022.

Il bollettino Covid del 20 settembre

"Nel frattempo studieremo ricorsi in sede giudiziaria, anche internazionale, oltre a iniziative di dialogo politico. Se questi tentativi dovessero fallire, il referendum abrogativo costituirà l’ultima chance per opporsi a un odioso strumento di discriminazione personale e sociale – spiega l’avvocato Olga Milanese –. Per allora, gli italiani non ne potranno più di portare al collo un cappio che si stringe e si allarga a piacimento di un Governo privo di qualsivoglia legittimazione popolare: questo potrebbe far crescere il fronte del no al Green pass e determinare un’ampia partecipazione popolare al voto referendario".

I tempi stretti non consentono il ricorso allo Spid, grazie al quale una settimana è bastata a raccogliere mezzo milione di firme per il referendum sulla cannabis: si può firmare con un modello informatico con l’apposizione della marca temporale o l’invio attraverso la Pec e, forse dalla settimana prossima, anche ai banchetti. L’iniziativa referendaria è nata dall’appello dell’avvocato Paolo Sceusa che, spiegano i promotori, denunciò "un comportamento del Governo italiano, tale da incrinare il patto di lealtà tra istituzioni e popolo": ossia l’omissione, poi corretta con una rettifica, di un passo della Gazzetta ufficiale europea relativa alle persone che "hanno scelto di non essere vaccinate" e nonostante ciò non devono essere oggetto di discriminazioni.

"Un’importante occasione per dare evidenza all’entità del dissenso verso il Green pass: segnale utile per chi la politica la fa, per chi crede di farla, e per chi subisce i primi e (soprattutto) i secondi!”, commenta su twitter il senatore della Lega Alberto Bagnai.

Ma sulle chat social punto di riferimento del variegato movimento no vax, l’idea del referendum non è accolta in maniera univoca. Per i gestori del canale Telegram ‘Basta Dittatura!’, è "una stupidità assurda: giustifica la dittatura che c’era prima del passaporto schiavitù", scrive l’amministratore del canale da cui da settimane parte l’invito alla mobilitazione "a oltranza" ogni sabato nelle piazze italiane. Dopo le proteste di sabato, ieri una delle discussioni più partecipate è stata quella in cui l’anonimo amministratore del canale domandava agli utenti l’indirizzo di casa del premier Mario Draghi, "per andare a salutarlo".

red. int.