Giovedì 18 Aprile 2024

L’ultima astuzia dei No Green pass: certificati scaricati in rete come film

Su Emule, piattaforma di peer to peer, rubano lasciapassare regolari intestati a utenti ignari. E poi li utilizzano al bar e nei cinema

Il nostro giornalista che prova a entrare all'ospedale Maggiore di Bologna

Il nostro giornalista che prova a entrare all'ospedale Maggiore di Bologna

In quest’epoca di streaming legale, solo chi ha più di 35 anni sa cos’è Emule. La piattaforma di peer to peer con l’icona del somarello famosa agli inizi degli anni 2000 per condividere e scaricare qualsiasi tipo di file, che fosse audio, video o testo, è stata sorpassata dalla tecnologia. Ma continua a fare il suo ‘sporco’ lavoro, ai margini della legalità. Un po’ come nella ‘Stanza delle necessità’ di Harry Potter, smanettando un po’ nel software si trova tutto ciò che serve. E cosa serve di più in tempi di Covid se non il Green pass?

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Il mercimonio dei certificati verdi che avviene sulle chat di Telegram è un fenomeno già monitorato dalla polizia postale. Prevede uno scambio di denaro, spesso trascende in truffe agli allocchi che decidono di pagare fino a 300 euro per comprare un documento falso che neppure funziona, perché ottenuto attraverso banali programmi che generano qr code, ma non ‘dialogano’ coi database del sistema sanitario nazionale.

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Questo non capita con i Green pass che si trovano in libera condivisione su Emule. Basta digitare, sulla barra di ricerca, la parola chiave, ‘Green pass’ appunto, e a cascata escono fuori migliaia di risultati. Tanti Green pass sono fasulli, alcuni ‘scaduti’. Ma molti funzionano normalmente. Noi abbiamo fatto la prova. Scaricando la app per verificare la validità dei Green pass. E poi usando quelli ‘buoni’ per andare al cinema, al ristorante. Persino in ospedale. Ma come finisce un Green pass ‘sano’ in pasto alla Rete? Spesso per distrazione, alcune volte per complicità. Nel primo caso è necessario fare un passo indietro e tornare a capire come funziona Emule.

Emule si basa sulla condivisione. Un nuovo utente, per scaricare più velocemente contenuti deve innanzitutto, a sua volta, condividere quanti più file possibile per acquisire un ‘punteggio’ all’interno del software. Capita così che si butti un po’ di tutto in pasto ad Emule, principalmente delle cartelle di download. Che contengono soprattutto video e file musicali. Ma in queste cartelle, inconsapevolmente, possono finire anche file personali scaricati dalla Rete, come analisi mediche, estratti conto, documenti di identità. E, appunto, i Green pass. Che, se non si ha la buona prassi di spostare altrove, restano lì. E vengono condivisi, senza rendersene conto, con estranei.

Capita poi che alcuni ‘furbi’, in un’operazione di ‘pesca a strascico’, raccolgano tutti questi documenti, buoni e tarati. E li aggreghino in cartelle da migliaia di pdf. Dove, con pazienza e tanto scarto, si può trovare il documento che veste a pennello ciascuno. Noi, così, abbiamo trovato due file ‘archivio’. Uno contenente circa mille Green pass, l’altro settecento. Ne abbiamo scartati un bel po’. Ma almeno un centinaio erano buoni. E con quello più confacente, per età, siamo andati in giro. A prendere da bere in un bar in zona universitaria. A fare pranzo in un ‘all you can eat’. A vedere un film al cinema. Soltanto all’ospedale Maggiore non siamo riusciti ad entrare. Ma non perché il documento non andasse bene: soltanto perché, per far visita ai parenti ricoverati, serve la terza dose di vaccino.

L’esito del test è inquietante, perché dimostra l’impossibilità, pur attuando controlli e verifiche, di stare al passo con i truffatori del Green pass. Noi abbiamo girato mezza Bologna fingendoci un ignaro trentacinquenne. E chissà quanti No Green pass fanno lo stesso ‘gioco’ per andare ogni giorno in giro a fare i propri comodi, andando contro le regole e mettendo a rischio la salute collettiva.

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