Lukaku pentito Meglio l’Inter del lusso inglese

Migration

Leo

Turrini

Al solito, era già tutto scritto. Nel Vangelo. "Non di solo pane vive l’uomo". E nemmeno di brioche, caviale e champagne: perché non c’è lusso da super ricco che Romelu Lukaku non potrebbe permettersi, a maggior ragione da quando è un dipendente (strapagato) del magnate russo Abramovich, il proprietario del Chelsea, la squadra campione d’Europa.

Ma non di solo pane (e companatico) vive l’uomo e insomma l’ex idolo interista ha candidamente confessato di essersi pentito. Rimpiange l’Italia, la maglia nerazzurra, San Siro e, perché no, la cassoeula. Par di capire che pur di addentare di nuovo una cotoletta alla milanese Big Rom sarebbe disposto a farsela a piedi, la strada che dal Big Ben porta alla Madonnina.

S’intende che ha fatto bene Tuchel, l’allenatore tedesco del Chelsea, a non convocare Lukaku per la partita di ieri contro il Liverpool. Ma queste sono dinamiche professionali, strettamente legate a doveri contrattuali e al principio della disciplina. Più interessante, in questa bizzarra storia calcistica, è l’elemento, come dire, romantico. Ci sono migliaia e migliaia e ancora migliaia di romanzi che spiegano come il denaro non sia tutto nella vita, come la felicità non appartenga in esclusiva al successo economico. Purtroppo, da sempre a ognuno di noi capita di dimenticare il valore autentico delle cose. Lukaku non è il primo e non sarà l’ultimo campione a scoprire, in ritardo, che non è possibile avere botte piena e moglie ubriaca in contemporanea.

O la Borsa o la vita…