Mercoledì 24 Aprile 2024

Luigi Zanda: "Meloni non canti vittoria, sua coalizione fragile. Letta resterà segretario"

Il senatore dem uscente: fare le liste è un atto politico, naturali le polemiche. "Calenda se n’è andato sbattendo la porta, sua la scelta di non allearsi con noi. Dopo le elezioni nessuna resa dei conti, il Pd ha già divorato troppi leader"

Luigi Zanda, 79 anni, presidente dei senatori Pd dal 2013 al 2018

Luigi Zanda, 79 anni, presidente dei senatori Pd dal 2013 al 2018

Roma, 18 agosto 2022 - Luigi Zanda, ex capogruppo dei senatori Pd, si è tirato fuori dal bagno di sangue delle candidature e può commentare le liste con un certo distacco nonostante la passione del militante.

Ma cosa è successo nella compilazione delle liste? Come si è creata questa situazione? "Trovo sbagliatissimo fare polemiche in campagna elettorale, di liste e di alleanze si parlerà dopo il 25 settembre".

Concorderà sul fatto che il segretario abbia seguito una logica politica. "La compilazione delle liste elettorali è un atto principe della politica. Non ricordo una fase preelettorale che non abbia suscitato polemiche e discussioni".

C’è stato anche un regolamento di conti come sostiene Luca Lotti? "Penso che il Pd dovrebbe smetterla di interpretare tutte le fasi della propria vita politica sulla base di una guerra tra le correnti".

C’è chi accusa il Pd di essersi spostato troppo a sinistra. "Il Pd è un partito giovane, ma con radici antiche e solide: socialismo, dottrina sociale della Chiesa, valori repubblicani, spirito liberale. Tutto è tenuto insieme da punti fermi, che il partito condivide senza eccezione alcuna che sono l’Europa, l’Occidente, la Costituzione, la lotta alle diseguaglianze e il clima".

Significa che la sinistra è nel dna del Pd? "Certamente".

Finora, non sempre si è visto chiaramente. "Tutto diventerà molto visibile nella prossima difficilissima legislatura. Dato il numero ridotto, il peso dei singoli parlamentari sarà molto accresciuto".

È in nome di queste radici di sinistra che avete scelto di allearvi con Sinistra italiana e Verdi e non con Calenda? "La scelta di non allearsi l’ha fatta Calenda, non il Pd".

Per la verità, Calenda aveva posto alcune condizioni. "Non si tratta di condizioni ma di analisi della situazione politica. Il campo largo proposto da Enrico Letta era l’unione di partiti anche diversi ma tutti orientati sul centrosinistra che si sarebbero dovuti mettere insieme per battere il centrodestra. Sottraendosi all’alleanza, Calenda ha dimostrato di non credere in questo progetto".

I pronostici per voi non sono fausti. Il Pd è destinato a una sconfitta certa? "No. Le prossime elezioni avranno un effetto fortemente polarizzante, sia Fd’I che Pd avranno risultati molto buoni".

Dunque non vede il rischio di un centrodestra tanto forte da poter cambiare la Costituzione? "Il centrodestra è un gigante dai piedi d’argilla, le sue divisioni sono più profonde di quelle del centrosinistra. E comunque, i suoi leader dovrebbero rispondere ad alcune domande che sono rimaste inevase: Salvini dovrebbe dire se si sente ancora più sicuro a Mosca che nella Ue, e sia lui che la Meloni dovrebbero chiarire i rapporti con Orbán. Per non parlare delle imperdonabili dichiarazioni di Berlusconi su Mattarella".

Al di là delle intempestive parole del Cavaliere, il presidenzialismo sembra essere uno dei principali cavalli di battaglia della destra in questa campagna elettorale. "La Costituzione italiana prevede una Repubblica parlamentare: non credo sia possibile trasformarla in Repubblica presidenziale utilizzando l’articolo 138. Occuparci del capo dello Stato dunque è l’ultima cosa da fare: prima vengono gli interventi su bicameralismo, governo e organizzazione dello Stato".

Ma sulle riforme istituzionali il Pd sarà disposto a dialogare con la controparte? "Sì. C’è un obbligo politico, istituzionale e morale di ricercare sempre collaborazioni ampie sulla Costituzione".

Teme la Meloni premier? "Noto che la Meloni sta parlando di sé come futuro premier, le suggerirei però di non farlo. Non è mai di buon augurio".

Dopo il voto c’è il rischio che si riapra l’eterno congresso del Pd e la segreteria Letta torni in bilico? "Il Pd ha divorato già molti segretari. Adesso direi che basta".