Giovedì 25 Aprile 2024

"Lui pensa solo ai voti Non ha cultura di governo"

Cangini, senatore di Forza Italia: Salvini sbaglia ad attaccare Draghi "Il consenso è un mezzo, non un fine. Al Paese servono serietà e competenza"

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di Ettore Maria Colombo

ROMA

Poche righe - assai colte, da par suo – contenute in una letterina spedita al Foglio, ma durissime: "Abbiamo allegramente trascorso gli ultimi cento anni sorridendo dei vizi politici, prossimi al masochismo, che caratterizzavano la sinistra. Non vorrei che la dea Nemesi abbia ritenuto di punire la hybris del centrodestra a trazione salviniana, condannandoci alla pena del contrappasso".

Senatore Cangini, non è un giudizio ingeneroso, il suo?

"Scrivendo questa fase ho provato un senso di grande amarezza. Tre anni fa, accettai la candidatura al Senato pensando di contribuire alla costruzione di un centrodestra autorevole, credibile come alternativa di governo. Beh, l’obiettivo è ancora lontano. Vedo un Salvini che si preoccupa solo del ‘fatturato’ della bottega leghista, a mio avviso facendo anche male i calcoli, ma non ha alcuna considerazione del centrodestra come coalizione. Sembra non aver capito che con il governo Draghi, che pure ha meritoriamente contribuito a far nascere, e con la normalizzazione dei 5Stelle è cambiato il mondo. Sono cambiati gli equilibri di potere, i rapporti con la Ue, il sentimento prevalente nella pubblica opinione. È il momento della serietà, del realismo e della competenza. Non a caso tutti gli uomini di governo della Lega, da Giorgetti ai governatori, glielo chiedono".

Solo Salvini ha colpe? E la Meloni nessuna?

"Rispetto a tre questioni essenziali ed identificative come il governo dell’Italia, quello dell’Europa e le strategie anti-Covid, il centrodestra si presenta in ordine sparso, e la responsabilità è anche della Meloni".

Berlusconi, in pratica, ha invocato le primarie.

"Se così fosse, sarei d’accordo. La verità è che non sono stati scelti candidati politici perché Salvini e la Meloni temevano di avvantaggiarsi a vicenda ed entrambi avevano paura che dalle grandi città si affermassero nuovi leader nazionali capaci di far loro ombra. Ma se non siamo riusciti ad attirare candidati credibili, autorevoli, è perché il centrodestra non è più percepito come tale".

Adesso dirà che "si vince solo al centro".

"Il centro è essenziale per vincere le elezioni e, poi, soprattutto per governare. Io, a differenza di Salvini, penso che i voti siano un mezzo e non un fine. L’obiettivo non è quello di avere più voti degli altri, ma di governare meglio degli altri".

Lei parla come se temesse che il centrodestra possa perdere le prossime elezioni.

"Non escludo che, se non ci saranno cambiamenti importanti nei e tra i partiti di centrodestra, le elezioni potremmo perderle, ma sono sicuro che se anche le vincessimo perderemmo di lì a poco il governo. La credibilità si costruisce nel tempo".

A Bologna spicca il risultato peggiore, per la vostra coalizione. Potevano candidare lei?

"Mi ero messo a disposizione del mio partito nel lontano dicembre scorso. Ero pronto a rinunciare agli ‘agi’ della vita da senatore per amore di Bologna e il gusto della sfida. Salvini ha posto il veto sul mio nome per timore che si dimostrasse che un candidato ‘politico’, realista e dialogante, ottenesse risultati migliori di candidati leghisti che, nel recente passato, si sono arroccati su posizioni conflittuali ed estremiste. Non mi pare che la sua sia stata una scelta lungimirante…".