Lui e Cabrini: le radici comuni "Cremona, l’oratorio, le ragazze"

Cresciuti nello stesso quartiere, i genitori si frequentavano. La toccante lettera: "Gianluca, non mollare"

di Mariachiara Rossi

Antonio Cabrini e Gianluca Vialli, due campioni sul campo e fuori, sono stati legati non solo dal pallone e dalle maglie blasonate che hanno vestito – Cremonese, Juve e Italia – durante gli anni della maturità, ma da una forte amicizia tra le rispettive famiglie che li portò a conoscersi fin dalla più tenera età, quando ancora non tiravano i primi calci al campetto. Abitavano entrambi a Cremona nel quartiere Po, vicino all’oratorio Cristo Re, dove si riunivano di pomeriggio per organizzare scherzi e marachelle. I genitori erano amici di vecchia data e i due futuri calciatori sono cresciuti insieme, passando parte del’infanzia l’uno a casa dell’altro.

Cabrini, qual è il suo ricordo di Vialli?

"Non starò qua a dilungarmi sulle doti tecniche e sulla carriera calcistica di Gianluca, il suo passato parla per lui. Io me lo ricordo sorridente, perché era davvero un ragazzo gioioso e amante della vita quando ci incontravamo in Nazionale con la voglia di lasciare un segno in questo mondo, quello del calcio. Ma allo stesso tempo era più maturo dei suoi coetanei, aveva la consapevolezza che il pallone non fosse la cosa più importante. Già da lì trasparivano le sue immense qualità umane. Dava il giusto peso alle cose, e anche per questo era un grande leader, in campo e fuori".

Quando vi siete conosciuti?

"Il nostro primo incontro è stato frutto della vicinanza tra le nostre famiglie. Io conoscevo bene i suoi fratelli più grandi e sua sorella Mila, perché dopotutto io e Gianluca avevamo sette anni di differenza. Nel weekend con le nostre compagnie ci ritrovavamo in Galleria a Cremona e facevamo le ’vasche’ lì, ci si beccava con gli amici, bevevamo qualcosa e a volte riuscivamo anche a cuccare. Le nostre scuole erano anche sulla stessa strada, questo per dire che il nostro rapporto è cominciato ben prima del calcio. Lui, si sapeva, veniva da un famiglia benestante, ma non lo ha mai fatto pesare".

Che cosa accomunava lei e Gianluca?

"Io penso che l’amore per la nostra terra fosse la caratteristica più evidente. Siamo entrambi cresciuti nel settore giovanile della Cremonese, dove i valori umani sono più importanti di quelli tecnici e lui, a testimonianza del rapporto profondo che ancora mantiene col club, solo qualche mese fa era tornato in tribuna allo Zini per vedere Cremonese-Sassuolo ricevendo una standing ovation dal pubblico, che lo aveva notato solo all’ultimo. Cremona riconosce i propri beniamini ed è per questo che ogni volta che tornava a casa era così amato da tifosi e non solo".

Qualche giorno fa aveva scritto a Vialli una lettera, come se già sapesse.

"Ero a conoscenza del dolore che stavano vivendo lui e i suoi famigliari e volevo cercare di trasmettere forza e coraggio, raccontandogli tutte le battaglie che abbiamo vissuto insieme da piccoli e da adulti, come i Mondiali del ’86, e ricordandogli l’amore dei suoi fratelli e di tutte le persone che lo stanno sostenendo. Noi cremonesi siamo così, non molliamo mai. Credo che lo sport, come in questo caso, riesca ad andare oltre a tutte le rivalità, e permetta di unire le persone in un grande abbraccio virtuale".