Martedì 23 Aprile 2024

L’ora della rabbia "C’è stata troppa incuria Qui è tutto distrutto, non lasciateci soli"

A Barbara i residenti accusano: prevezione inadeguata e avvisi tardivi . Intanto si pensa a ricominciare, ma il bilancio dei danni è pesantissimo. L’imprenditore: "Il governo promette 5 milioni? Solo a me ne servono 2"

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di Giacomo Giampieri

BARBARA (Ancona)

Le mancate comunicazioni tra comuni, gli avvisi dell’ondata di piena arrivati in ritardo e la scarsa manutenzione dei fiumi alimentano la rabbia degli imprenditori e dei residenti di contrada Coste, a Barbara, dopo l’esondazione del Nevola che ha travolto case ed attività. "Sarebbe bastato poco per evitare la tragedia", dicono con una voce pressoché unanime a due giorni dall’alluvione. Si lavora e ci si rimboccano le maniche, soprattutto nelle ditte più colpite, dove titolari e dipendenti combattono fianco a fianco per salvare il salvabile e rimuovere quel fango e quei detriti che si sono impossessati degli stabilimenti. E si iniziano a contare i danni. "Il governo ha promesso cinque milioni? Per sistemare la nostra azienda ce ne vorranno almeno due. Nell’altra accanto più o meno la stessa cifra. Risorse finite e soltanto per un piccolo comune di 1.200 anime".

C’è rabbia, ma anche enorme dignità nelle parole di Danny e David Mariani, eredi del Molino Paolo Mariani, impresa che produce farine pregiate dai primi anni del ‘900. "Vedete questo – fa il più grande, mostrando quel che rimane del magazzino –. Questo gioiellino era tutto automatizzato per il confezionamento e lo stoccaggio dei nostri prodotti. Ora possiamo camminarci sopra, tra farina e melma. Quel carico era destinato a Hong Kong, quell’altro in California. Non arriveranno mai a destinazione. È una sensazione indescrivibile". C’è disperazione ma si reagisce: "Stiamo ripulendo quello che possiamo. Da domani riprenderemo a macinare i carichi di grano che erano nei silos e non sono stati toccati, a differenza di tutto il resto".

C’è sgomento e non ci si dà pace: "Pensiamo alle vittime, erano tutti amici di famiglia – continuano i fratelli Mariani –. Ci guardiamo attorno e vediamo la distruzione. Guardiamo verso le case e vediamo persone che non torneranno più". Sterminate da quel fiume rivelatosi maligno. Ha prima trascinato quantità indescrivibili di tronchi e fango. Tanto per darne misura: il ponte che collega il piccolo comune a Castelleone di Suasa e Ostra Vetere è stato sovrastato dall’ondata, allargandosi di quasi 60 metri. Senza pietà per persone e cose.

Ne sa qualcosa l’azienda Map di Massimo Petrolati, che produce macchinari agricoli: "Dovremo buttare via tutto", sussurra fuori dai denti un dipendente. L’azienda è un lago di fango, gli alberi rotolati a valle hanno eliminato storie antichissime e ricordi, interi comparti produttivi e attrezzature da lavoro costose.

Raniero Rossi, proprietario di un’officina, avrebbe dovuto consegnare il suo capannone a un compratore ad ottobre: "Guardate in che stato è oggi". Lo descriviamo noi: sepolto dai detriti. "Nessuno dai territori più a nord, specie dal Pesarese, ha avvisato dell’arrivo della piena, se non qualche amico o conoscente. Ma quando ormai era troppo tardi", affermano i barbaresi che abitano nei paraggi.

I parenti delle vittime puntano il dito: "Se non si fa manutenzione dei fiumi e non si rimuovono gli alberi per un puro ambientalismo di facciata questi sono i risultati: i nostri cari non ce li restituirà nessuno". Un’amica di una vittima “scomoda“ la religione: "È una catastrofe. Forse è Dio che si è stufato di noi".