Giovedì 25 Aprile 2024

Longevità, ecco dove si vive di più in Italia

La sanità spacca in due l'Italia. Firenze, Rimini e Monza con media record di 84 anni. Ma i dati del Sud sono allarmanti

Aspettativa di vita: ecco dove si vive di più

Aspettativa di vita: ecco dove si vive di più

Roma, 20 febbraio 2018 - Quanto viviamo dipende non solo dal nostro patrimonio genetico e dai nostri stili di vita ma anche da dove siamo nati, dal nostro livello di istruzione, dal nostro livello sociale. In altre parole dalla qualità dei diversi sistemi sanitari regionali, e dal fatto che siamo ricchi o poveri. A confermare quello che il «turismo sanitario» – da Sud a Nord – dice ogni giorno, giunge uno studio dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, un progetto dell’Università cattolica del sacro cuore di Roma.

Gli estremi sono in Toscana e in Campania. A Firenze si vive di più, con uno scarto tre anni e mezzo, rispetto a Napoli e a Caserta. La regione mediamente più longeva (dati 2016) sono le Marche (83,36) davanti all’Umbria (83,31), il Veneto (83,30), seguite dalla Toscana (83,29), la Lombardia (83,24) e l’Emilia-Romagna (83,18). La provincia più longeva (nel 2016) è Firenze con 84,09 anni di aspettativa di vita (1,3 anni più della media nazionale) seconda è Rimini con 84,04, terza Monza con 83,9, quarta Treviso con 83,8. Seguono Trento con 83,7, Pesaro/Urbino, Pordenone, Vicenza. Ancona è nona e Milano è decima, poi Forlì/Cesena, Ravenna, Perugia, Prato, Bologna.

Ultima in classifica Caserta con 80,65, seguita da Napoli, Caltanissetta, Siracusa, Enna e Agrigento. Da notare che nel Nord fanno piuttosto male Vercelli, Alessandria, Biella, la Val d’Aosta e Pavia, tutte sotto quota 82 (quindi peggio della Calabria).    «La dinamica della sopravvivenza tra il 2005 e il 2016 – fa notare l’Osservatorio – dimostra che tali divari sono persistenti, in particolare in Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise, Basilicata, Lazio, Valle d’Aosta e Piemonte restano costantemente al di sotto della media nazionale». Tra queste la Campania, la Calabria e la Sicilia peggiorano addirittura la loro posizione nel corso degli anni. «Gli indicatori – dice il rapporto – evidenziano l’esistenza di sensibili divari di salute sul territorio, ne sono la prova i dati del 2017 della Campania dove gli uomini vivono mediamente 78,9 anni e le donne 83,3; mentre a Trento gli uomini mediamente vivono 81,6 anni e le donne 86,3. La maggiore sopravvivenza si registra nel Nord-Est, dove la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6; molto inferiore nel Mezzogiorno, dove si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 84,1 per le donne». 

Pesa e tanto anche il divario sociale. «Un cittadino – si osserva – può sperare di vivere 77 anni se ha un livello di istruzione basso e 82 anni se possiede almeno una laurea; tra le donne il divario è minore, ma pur sempre significativo: 83 anni per le meno istruite, circa 86 per le laureate». Anche le condizioni di salute, legate alla presenza di cronicità, denunciano sensibili differenze sociali, nella classe di età 25-44 anni la prevalenza di persone con almeno una cronica grave è pari al 5,8% tra coloro che hanno un titolo di studio basso e al 3,2% tra i laureati. Tale gap aumenta con l’età. E i fattori economici e culturali influenzano direttamente gli stili di vita. «Un tipico esempio è rappresentato dall’obesità, uno dei più importanti fattori di rischio, la quale – dice il rapporto – interessa il 14,5% delle persone con titolo di studio basso e solo il 6% dei più istruiti. Anche considerando il livello di reddito gli squilibri sono evidenti: l’obesità è una condizione che affligge il 12,5% del quinto più povero della popolazione e il 9% di quello più ricco».

I fattori di rischio si riflettono anche sul contesto familiare, infatti il livello di istruzione della madre rappresenta un destino per i figli, a giudicare dal fatto che il 30% di questi è in sovrappeso quando il titolo di studio della madre è basso, mentre scende al 20% per quelli con la madre laureata.