L’omicidio di Saman Corsa contro il tempo per l’esame del Dna È caccia alle prove

Chiesto l’incidente probatorio urgente: corpo da recuperare al più presto. Ma l’ostacolo è la burocrazia, l’atto va notificato al padre in Pakistan. La comunità islamica: "Seppellitela a Bologna, tutti devono ricordare"

Migration

di Benedetta Salsi

REGGIO EMILIA

Si lotta contro il tempo, ora. Perché quei resti ritrovati in un casolare nelle campagne di Novellara siano protetti dall’ulteriore scempio delle intemperie autunnali e dai possibili crolli di quel rudere in cui sono stati sotterrati; perché quella che tutti credono possa essere Saman Abbas abbia finalmente una degna sepoltura.

La procura di Reggio ha depositato nella mattinata di ieri la richiesta di incidente probatorio urgente, per poter estrarre quel cadavere e poter procedere all’esame del Dna e a tutti gli altri accertamenti che porteranno alla verità sulla morte della 18enne pakistana scomparsa il 30 aprile 2021. La presidente della Corte d’Assise, la giudice Cristina Beretti (che è anche presidente del tribunale di Reggio) ha studiato in dettaglio le carte e in queste ore notificherà a tutte le parti (imputati e parti civili) la data della perizia e il conferimento d’incarico a un tecnico del tribunale. Il nodo da dirimere è principalmente quello della notifica al padre, Shabbar Abbas, che ora si trova recluso nel carcere di Islamabad in attesa di comparire giovedì di nuovo davanti al giudice per la convalida del suo arresto e per la richiesta di estradizione. La corsa contro il tempo della giustizia italiana, dunque, dovrà scontrarsi contro la burocrazia di due Paesi che fra loro non hanno accordi di reciprocità in tema di giurisprudenza. Tutto rinviato alle prossime ore, dunque, quando si conosceranno i tempi dell’esumazione.

Nel frattempo anche le parti civili, che potranno nominare un loro consulente di parte, fanno sentire la propria voce.

"Noi auspichiamo che la sepoltura di Saman avvenga al cimitero islamico di Borgo Panigale, nel capoluogo di questa regione, perché il suo ricordo possa rimanere nella memoria collettiva di tutti noi, per prevenire situazioni simili e sia un simbolo per rimanere vigili e presenti nella lotta alla violenza sulle donne e sui conflitti intergenerazionali", scandisce Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii (Unione delle Comunità Islamiche in Italia) che è rappresentata al processo dall’avvocato Riziero Angeletti.

"Per noi rimane importante la mamma di Saman, lei ne ha decretato la fine. Lei scherzava con la figlia poco prima di accompagnarla dai carnefici. Lei l’ha fatta ritornare a casa", dice l’avvocato Barbara Iannuccelli , che assiste l’associazione Penelope a tutela degli amici e dei familiari delle persone scomparse e che è costituita parte civile nel processo sull’omicidio della giovane pakistana.

Ed è proprio la madre una delle figure chiave su cui si concentrano in queste ore le ricerche: Nazia Shaheen è l’unica dei cinque imputati a essere latitante. C’è chi dice che sia nascosta in Pakistan sotto la protezione di alcuni parenti influenti. Al suo arresto, la settimana scorsa, il marito avrebbe tentato un depistaggio, dicendo agli agenti di non cercarla, "è già partita per l’Europa". Ma nessuno gli ha creduto e il suo ingresso nei Paesi dell’area Schengen non è mai stato censito dopo la sua fuga del maggio 2021. La donna è accusata assieme al marito Shabbar Abbas, al cognato Danish Hasnain e ai due cugini di Saman, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, di omicidio volontario, soppressione di cadavere e sequestro di persona nei confronti della 18enne, colpevole di essere troppo ’ moderna’ e di essersi ribellata a un matrimonio combinato forzato.