"L’omicidio di Niccolò? Un incidente". I picchiatori scatenano l’ira del papà

Il processo a Girona, i parenti del 21enne ucciso protestano in aula: "Siete attori, piangete per finta". Il ceceno che ha sferrato il calcio mortale scrive ai genitori e chiede perdono

Girona, 2 giugno 2022 - La "verità" di Rassoul Bissoultanov, il ceceno di 29 anni imputato, con il connazionale Movsar Magomadov, dell’omicidio di Niccolò Ciatti, picchiato fino alla morte sulla pista di una discoteca di Lloret de Mar, sembra quasi una provocazione, agli occhi della famiglia. E il terzo giorno del processo a Girona fa sbottare Luigi Ciatti a fine udienza. Perché l’interrogatorio di Bissoultanov, colui che sferra il calcio mortale alla testa del 21enne di Scandicci, si è concluso chiedendo "perdono a tutta la famiglia". Prima, ha ripetuto che è stato un incidente: "Non lo volevo uccidere". "Sono degli attori, fanno quello che gli dicono gli avvocati. Sono riusciti perfino a farlo piangere", replica il babbo Luigi, con una foto di Niccolò in mano, rivolto ai legali: "Questo era mio figlio".

Per la prima volta, dall’11 agosto 2017, la famiglia sente la voce del ceceno. Da lunedì a oggi, i mossos d’esquadra hanno fatto di tutto per evitare che le parti contrapposte venissero a contatto. Mai nervi sono tesi e le parole in aule non smorzano i toni, tutt’altro. Bissoultanov torna alle 2.51 di quella notte di quasi 5 anni fa, spiegando che pestò inavvertitamente il piede di uno del gruppo degli italiani. "Mi rivolsi a lui sorridendo dicendo, ’que pasa amigo’? Cominciarono a tirarmi spinte e poi un pugno". Ma il pm Victor Pillado lo incalza: "Non sapeva che con un calcio alla testa il ragazzo potesse morire?", "lei è un atleta di lotta libera, non lo sa che è pericoloso?". L’interprete traduce: "No, non pensavo di fare tanto danno". Ancora l’accusa: "Perché colpì una persona a terra, che non la stava neanche guardando?". "Ero nel panico, avevo paura che mi aggredissero in tanti", la risposta, "ma non volevo uccidere nessuno".

A ruota, tocca all’altro imputato. "Non sapevamo che il ragazzo fosse grave", dice, dando la sua versione sulla "fuga" verso la spiaggia, dove i ceceni vennero poi tratti in arresto. La posizione di Magomadov è diversa rispetto a quella di Bissoultanov. Nei suoi confronti, la pubblica accusa spagnola non pare intenzionata a chiedere la condanna. Rassoul invece rischia 24 anni di carcere. Ma – gli ha fatto dire il suo difensore, ripercorrendo le tappe dell’estradizione dalla Germania all’Italia – "sono qui e non sono scappato in Russia". Si ferma, come per piangere. Dalle parti della famiglia Ciatti, si sollevano commenti sull’atteggiamento dell’imputato. "Fategli vedere ai bambini quel video, è stata un’azione coordinata: uno teneva tutti lontano, l’altro picchiava", si sfoga ancora il padre.

Luigi Ciatti è rimasto in aula anche quando, nella prima parte dell’udienza di ieri, gli schermi della piccola aula della quarta sezione penale del tribunal provincial, hanno mandato le immagini dell’autopsia. I medici legali hanno stabilito che Niccolò è morto per le conseguenze di quel calcio alla testa. La pedata, hanno riferito ancora i consulenti sanitari, fu così forte e repentina che il giovane di Scandicci non ebbe tempo e modo di difendersi. I riflessi sarebbero stati rallentati da un tasso alcolemico di 0,82 mg per litro. Mentre scorrono le foto più crude, Luigi si volta verso gli imputati. Ma lo sguardo non viene ricambiato.

A sentire questa parte, invece, non c’era la mamma, Cinzia, accompagnata fuori dal fratello Marco. Non è l’unica madre in aula, ma nessuna empatia è scattata con le mamma dei due imputati. E non scatterà più. Neanche la lettera che, da detenuto, Bissoultanov volle indirizzare alla famiglia, è stata recepita. Oggi, il processo si avvia verso la fine. Il pm esternerà le sue conclusioni. Poi le repliche delle parti. Cinque anni di attesa per cinque giorni di udienze. Già venerdì potrebbe esserci la sentenza.