Nuovo lockdown nazionale, chiusure, coprifuoco: cosa dicono virologi e scienziati

Andrea Crisanti: "Serve un piano chiaro e preciso, che sia l'ultimo. Vanno monitorate le varianti". Fabrizio Pregliasco: "Di fronte alle mutazioni il sistema a colori zoppica". Massimo Galli: "Le misure adottate con l'ultimo Dpcm non bastano". Antonella Viola: "Coprifuoco anticipato non cambia nulla". Matteo Bassetti: "Serve dpcm per snellire la campagna vaccinale"

Covid, reparto di terapia intensiva a Brescia (Ansa)

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Roma, 9 marzo 2021 - Cts e governo valutano una ulteriore stretta per limitare la diffusione della varianti di Coronavirus, l'aumento dei contagi e la conseguente pressione sugli ospedali. Dubbi su un eventuale lockdown nazionale (che al momento comunque sembra l'ipotesi più remota), ma generale filo comune degli scienziati sulla necessità di nuove misure restrittive. Ecco cosa dicono gli esperti. 

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Andrea Crisanti

"Penso che il provvedimento sul tavolo del Cts", il Comitato tecnico scientifico per l'emergenza Covid-19 che si riunisce oggi per indicare nuove restrizioni, "vada nella direzione giusta: cercare di spegnere la trasmissione" del coronavirus Sars-CoV-2 "e di vaccinare più persone possibili". Però "è improponibile un lockdown che poi si ripropone con un altri lockdown. Ci vuole un piano chiaro e preciso che sia l'ultimo, e perché sia l'ultimo non basta il lockdown e non bastano i vaccini". Lo ha spiegato ad 'Agorà' su Rai3 Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell'Azienda ospedaliera di Padova e docente di microbiologia dell'ateneo cittadino. "L'agenda quest'anno l'ha dettata il virus - ha osservato l'esperto -. Indipendentemente dai governi, se ogni vita conta le misure a disposizione sono poche e sono sempre quelle. Ora abbiamo anche l'arma formidabile del vaccino. La novità è la variante inglese che ha una capacità di trasmissione estremamente elevata e poi c'è la minaccia di varianti potenzialmente resistenti al vaccino", contro le quali "ci deve essere tolleranza zero. Laddove si manifestano e c'è un focolaio - avverte il virologo - bisogna chiudere tutto stile Codogno, perché non possiamo permetterci che si diffondano nel Paese": significherebbe "dover resettare l'orologio un anno indietro". 

Crisanti ha ribadito che "non si vaccina mentre c'è un'elevata trasmissione virale, perché favoriamo l'emergenza di varianti resistenti". Quindi nuove restrizioni appaiono inevitabili, ma non si può solo chiudere: "Serve un piano nazionale finanziato per il monitoraggio delle varianti", ha precisato il virologo, e "serve potenziare il sistema di sorveglianza con tamponi". Oltre naturalmente a vaccinare.

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Fabrizo Pregliasco

"Bisogna vedere la fattibilità, l'accettabilità politica e valutare in progressione a fronte del fatto che ad oggi un manuale di gestione del lockdown non c'è". Cosi' il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario Irccs Galeazzi di Milano, intervenuto ai microfoni della trasmissione "L'Italia s'è desta" su Radio Cusano Campus. "Credo che finora il sistema dei colori sia stato efficace, non nell'ottenere il controllo della malattia, ma nel mitigare la diffusione. Di fronte alle varianti però questo sistema comincia un po' a zoppicare. Spero che i prossimi interventi, un po' più stringenti, possano essere un elemento per garantire la mitigazione. Il virus fa il suo sporco mestiere, se trova soggetti suscettibili lo infetta, noi dovremmo considerare che ogni contatto interumano che abbiamo rappresenta un rischio, più ne abbiamo più avremo il rischio di infettarci. E' chiaro che in questo momento abbiamo circa 3 milioni di casi accertati, verosimilmente altrettanti ce ne sono stati anche se non sono stati registrati e hanno un'immunità che comunque va scemando, poi abbiamo 5 milioni e rotti di vaccinati, quindi solo 10 milioni di cittadini hanno una certa quota di protezione, 50 milioni sono ancora suscettibili".

Sulla chiusura delle scuole. "Di sicuro le scuole sono state un elemento che ha contribuito a far esplodere la seconda ondata. La chiusura delle scuole deve andare insieme alla chiusura dei centri commerciali, per evitare l'assembramento conseguente dei giovani che nella voglia di uscire possono ritrovarsi insieme, è chiaro che si deve affinare il meccanismo del lockdown nel modo più chirurgico possibile. In questa fase c'è un abbassamento sostanziale dell'eta' dei contagiati, con un incremento soprattutto nelle fascia 13-19 anni. La fortuna è che il maggiore coinvolgimento dei giovani non rappresenta una clinica preoccupante. Questo però diventa un problema rispetto alla trasmissibilità della malattia nel contesto familiare" conclude.

Massimo Galli

Massimo Galli, primario di Malattie infettive all'ospedale Sacco di Milano, già ieri aveva detto: "E' successo quello che ci si poteva attendere accadesse, considerando le settimane precedenti, le esperienze dei Paesi a noi vicini e considerando che quello che è stato messo in campo era e si è dimostrato insufficiente. Anzi, ci sono state aperture proprio nel momento in cui era il caso di non riaprire nulla. Temo che le misure adottate" con il nuovo Dpcm "non bastino". E ancora: "Quando si diffonde una variante che dimostra di avere un 30-40% in più di capacità infettante, coloro che la prendono per primi sono i giovani e i bambini che hanno più socialità. Poi la trasmettono a giovani adulti, adulti e anziani, e qui si rileva il momento critico e la pressione su ospedali e terapie intensive. Questa catena di eventi si è già innescata nelle scorse settimane - aveva sottolinea - e ora dobbiamo trovare il modo di gestirla".

Antonella Viola

Sempre ieri l'immunologa Antonella Viola aveva ribadito: "In questo momento servono misure più restrittive, perché il virus sta circolando troppo, e questa circolazione mentre si vaccina vuol dire favorire lo sviluppo di varianti". A 'Un giorno da pecora' su Rai Radio 1 ha detto: "Siamo in una fase molto delicata dobbiamo fare in fretta a vaccinare mantenendo al contempo i contagi bassi. E visto che il virus oggi contagia molto i giovani, per la prima volta sono favorevole alla chiusura delle scuole laddove i contagi sono effettivamente alti". Meglio un lockdown totale? "Se dovessi rispondere solo sulla base del contagio direi di sì ma - ha detto - bisogna tenere conto dell'economia, dei problemi della società e di molti altri fattori, quindi direi che il sistema dei colori è ancora quello che funziona meglio". Un coprifuoco anticipato "non cambia nulla. Ad esempio i ragazzi ora si vedono in casa, non servirebbe a molto". Quanto infine alla possibilità che si sia tutti vaccinati entro l'estate, Viola la esclude: "Tutti assolutamente no, spero almeno lo saranno tutti quelli più a rischio. Forse entro settembre-ottobre potremmo vaccinare tutti quelli che lo vorranno".

Matteo Bassetti

Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, su facebook scrive: "Mentre in Italia si pensa che l'unica ricetta per arginare il Covid sia il lockdown più o meno duro e qualcuno continua a dire che bisogna fare più tamponi per uscire dall'emergenza, io guardo ai dati della campagna vaccinale per il Covid in Italia. Ho studiato i numeri. Dal sito del Sole 24 Ore, ad oggi in Italia abbiamo somministrato 5.560.000 dosi di vaccino, ovvero circa 77.000 dosi al giorno. Abbiamo fatto 8,96 dosi di vaccino Covid ogni 100 abitanti e siamo al 46esimo posto della classifica mondiale. Vi sembra che stia funzionando? A me no. Dobbiamo cambiare passo". Il membro dell'Unità di crisi Covid-19 della Liguria esorta a snellire la burocrazia, a migliorare la logistica: "Ci vuole più coraggio e pensare che siamo in emergenza. Ci vogliono siti da 5-6mila dosi di vaccini al giorno che lavorino almeno su 12-14 ore al giorno. Occorre semplificare il consenso informato e la procedura per somministrarlo. Ci vuole meno burocrazia: si faccia un Dpcm su questo, non solo sui lockdown più o meno rossi. Ci vuole un cambio radicale nell'organizzazione logistica. Stiamo ancora passeggiando, dobbiamo correre. Correre veloci".

Guido Rasi

Il lockdown nazionale è inevitabile perchè si è permesso troppo, secondo Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell'Ema e docente di Microbiologia all'università di Roma Tor Vergata di Roma: "Quando si arriva a questo punto non c'è altro da fare che misure restrittive dove ci sono zone a rischio. Stiamo pagando l'inerzia strutturale: non si sono fatti i controlli e si è chiuso l'occhio sui comportamenti non congrui. Poi non si è fatto nulla sui trasporti e per intervenire sui flussi di persone nelle strade. Continuo ad essere convinto che più del lockdown occorre far rispettare le regole, ci sono persone che prendono i sussidi e credo che sarebbero contenti di fare i volontari addestrati per vigilare".

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