Lo zio di Saman: "Consegnatemi all’Italia"

Da tre mesi è detenuto in Francia per l’omicidio della nipote 18enne sparita da Novellara. "Non posso neanche parlare con mia moglie"

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di Andrea Fiori

Per tre mesi ha puntato i piedi, sollevato eccezioni procedurali, cercato di smontare le indagini, di incolpare chi non può più smentirlo: "Saman? È già scappata altre volte".

Ieri Danish Hasnain, 34 anni, pachistano, zio della diciottenne Saman Abbas e considerato l’esecutore materiale dell’omicidio della ragazza – di cui non è mai stato trovato il cadavere – ha ceduto all’improvviso.

"Non mi oppongo. Consegnatemi all’Italia, non ha più senso che io resti qui. Non posso parlare con mia moglie, non ho neppure soldi per telefonarle. Preferisco tornare in Italia e spiegarmi", ha detto ieri ai giudici della Corte d’Appello di Parigi, i primi ad essere sorpresi dall’inattesa dichiarazione.

Tra pochi giorni – dalla prossima settimana in poi ogni giorno è buono – Hasnain potrebbe essere estradato nel nostro Paese, dove lo aspetta un pressante interrogatorio. Con i genitori della ragazza (fuggiti in Pakistan), e i due cugini di Saman (entrambi già finiti in carcere) deve rispondere di omicidio premeditato, sequestro di persona e occultamento di cadavere. Sarebbe stato lui, alla fine di aprile, ad eseguire la sentenza di condanna emessa da tutta la famiglia.

I motivi? Saman si opponeva alle nozze imposte dalla famiglia, Saman era a un passo dal matrimonio con un altro ragazzo pachistano, Saman voleva studiare, Saman era troppo libera, troppo occidentale, una presenza che questa famiglia di braccianti agricoli trapiantati nel cuore della pianura padana, tra serre di angurie che si perdono all’orizzonte, considerava una macchia. Saman doveva essere uccisa. Per il fratello minore della ragazza – sola tra lupi, tradita anche dalla mamma – sarebbe stato proprio lo zio a stringerle le mani al collo. Lui che, intercettato al telefono, aveva fatto un’allusione raggelante: "Abbiamo fatto un buon lavoro".

Qualche settimana fa, sulle rive del Po, è stato rinvenuto un frammento osseo riconducibile ad una persona: i carabinieri del Ris stabiliranno nei prossimi giorni se il Dna è compatibile con quello della giovane scomparsa.

Danish Hasnain, fuggito in Francia (dove poteva contare su qualche amicizia) alla fine è stato tradito dal telefonino e dai messaggi sui social. Imprudenze che hanno spinto la Brigade Criminelle di Parigi – che si è avvalsa dell’aiuto proficuo dei carabinieri di Reggio Emilia – sotto il portone di casa sua, alla periferia della capitale. Lunghi appostamenti fotografici, poi gli agenti sono intervenuti: il piccolo neo sulla guancia sinistra non lasciava spazio a dubbi. Era proprio lui il ricercato.

Il blitz risale al 22 settembre scorso. Da allora, la difesa ha giocato tutte le carte che aveva a disposizione per evitare l’estradizione in Italia. Fino a ieri. A Danish pesa di non poter telefonare alla moglie, e allora cercherà di spiegare.