Mercoledì 24 Aprile 2024

Lo strazio di Gudeta: stuprata mentre moriva

Trento, il dipendente fermato confessa gli abusi sulla pastora anti-razzista e l’omicidio a colpi di martello. Il movente: lite per i soldi

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di Riccardo Jannello

Le centottanta capre fra mochene e camosciate rimarranno felici: l’agghiacciante morte della loro pastora non fermerà il sogno di Ideo Agitu Gudeta; gli animali – comprese le galline ovaiole – saranno accuditi dal Comune e da una cooperativa del luogo per non mandare in fumo quanto in 10 anni la 43enne di Addis Abeba (avrebbe compiuto gli anni oggi), dottoressa in sociologia, aveva creato. Un luogo di preservazione della natura e degli animali autoctoni a rischio estinzione – che non era riuscita a fare a casa sua, schiacciata dal latifondo straniero – e un esperimento di convivenza sociale. Per reagire a chi non vedeva di buon occhio che questa ragazza africana diventasse così importante in una valle chiusa nelle tradizioni, antica exclave di lingua germanica a venti chilometri dalla città dell’irredentismo.

L’omicidio di Agitu non è stato a sfondo razziale. Nella notte l’assassino, pressato dai carabinieri e dal magistrato, ha confessato. Si tratta di un ghanese, dipendente della stessa azienda, "La capra felice". Quello che le faceva pascolare. Si chiama Adams Suleiman, 32 anni. Il movente sarebbe economico. A dire dell’uomo, mancava il pagamento di uno stipendio. Per chiedere chiarimenti si è armato di un martello. Alle contestazioni di Agitu il litigio è degenerato. L’ha colpita alla testa più volte e la Gudeta è caduta a terra in un lago di sangue. E qui la barbarie: mentre la donna agonizzava, lui l’ha spogliata e violentata. "Ho perso la testa, non so neppure che cosa ho fatto e ne sono pentito", ha detto all’avvocato. Un’ultima offesa per quella persona che gli aveva fatto solo del bene.

Ma per quelli che conoscono Adams – che mantiene moglie e due bambini in Ghana – il suo è rimasto un atto che non si spiegano. Un conoscente non vedendo arrivare Agitu ha dato l’allarme e i carabinieri si sono portati a Maso Villata, dove si trova la sede dell’azienda e l’abitazione al primo piano di Agitu. Anche Adams dimorava da due mesi nell’edificio, al piano terra. Mentre gli inquirenti e la scientifica erano al lavoro sul corpo ormai senza vita di Agitu, è stato interrogato un uomo che vive nella valle e che nel 2018 aveva assalito la donna a botte e male parole: "Vattene via sporca negra, per te qui non c’è posto".

Agitu l’aveva denunciato e il tribunale condannato a 9 mesi per le lesioni, escludendo però – fra la protesta della gente - l’odio razziale. L’uomo è risultato estraneo. Poco dopo è stato fermato Adams. Agitu era venuta a studiare in Italia, a Trento, e poi era tornata nel suo Paese. Ma la situazione in Etiopia l’aveva convinta che il suo futuro sarebbe stato in Italia. Nel 2010 aveva aperto "La capra felice" e da poco tempo si era trasferita negli undici ettari di Maso Villata. Con il latte e le uova produceva formaggi che vendeva nel suo negozio di Trento. E prodotti per la bellezza del corpo, molto apprezzati. Il suo sogno continuava e presto, dopo avere acquistato un immobile in rovina nei pressi dell’azienda e averlo ristrutturato, avrebbe aperto un agriturismo. "Era una donna coraggiosa che aveva deciso di organizzare la propria vita resistente da sola. E come tante donne ha pagato la sua indipendenza", dicono i molti amici e amiche che ieri si sono radunati a Trento per una fiaccolata.