Venerdì 19 Aprile 2024

Lo storico e la lezione del virus: guerra. "Alla democrazia serve un leader come Pertini"

Il professor De Luna sullo scoramento degli italiani: "Nessuno passerà indenne dall’epidemia. Per la prima volta il futuro non è certo"

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Roma, 5 dicembre 2020 - "Meglio sudditi che morti". Il Censis sintetizza così lo spirito odierno degli italiani. Professore, la seduzione autoritaria ha fatto il suo corso?

"Lego questi stati d’animo al momento che stiamo vivendo – risponde lo storico Giovanni De Luna, docente all’Università di Torino –. La pandemia, come i terremoti, le guerre, le catastrofi, fa emergere la parte più ancestrale degli uomini, inermi di fronte alla paura".

All’inizio dell’emergenza non si respirava questo clima.

"La seconda fase è più carica di angoscia. La differenza di atteggiamento rispetto alla prima fase è un classico delle catastrofi: all’inizio c’è la grande solidarietà poi subentra la paura".

È accaduto in altre epoche?

"Durante la guerra, i primi bombardamenti furono presi come fuochi d’artificio: nei rifugi si costruivano comunità, nascevano amori. Poi con i bombardamenti distruttivi, subentrò il senso di rassegnazione e incubo".

Il Censis registra l’erosione della fiducia reciproca.

"È fisiologico. La pandemia devasta i rapporti tra singoli. Arrivo a temere le mie figlie che mi possono contagiare. Ma non bisogna attribuire a questi risultati una portata assoluta".

Cioè? Sono temporanei?

"Sono un campanello d’allarme legato alla congiuntura".

Quindi se ne esce?

"Se avremo la consapevolezza che niente tornerà come prima. Cambiano i nostri piani di vita, i progetti esistenziali. Nessuno passerà indenne, tutti rimodelleranno le aspirazioni sulla base di ciò che la pandemia detta, Nascono nuovi uomini, cambia l’antropologia degli italiani. È una fase di rottura drastica".

Ma si è insinuata la paura del futuro.

"Per anni siamo stati immersi in un gigantesco presente, convinti che il futuro sarebbe andato sempre bene. Oggi ci chiediamo che futuro avremo. E siamo sgomenti e impauriti perché avevamo espulso il futuro a vantaggio del presente".

Come può un popolo ricalibrare così la propria vita?

"Bisogna avere una classe dirigente. In momenti di paura, dove emergono comportamenti ancestrali e pulsioni elementari, una classe dirigente deve fare qualcosa di più della normale amministrazione".

Il Censis dice che siamo privi di un Churchill a guidarci nell’ora più buia...

"Manca un Pertini che va in Irpinia e scuote un intero popolo. Conte fa il suo compitino diligente, ma non trova gli accenti giusti. Il tono dimesso, la dimensione grigia, non scuotono un Paese spaventato".

Conte parla a reti unificate, spiega agli italiani persino come devono stare a pranzo...

"La paura della pandemia ha provocato una infantilizzazione dell’opinione pubblica che cerca protezione. Durante la guerra, si affiggevano le immaginette della Madonna nei rifugi".

Ma quanto può reggere una democrazia così?

"La pandemia ha acuito e fatto esplodere contraddizioni che la democrazia stava vivendo. La democrazia fa fatica a tenere il passo. Il sovranismo o Trump sono sintomi della sua malattia e la pandemia ha acuito questo problema. Non dobbiamo immaginare che la democrazia esca da questa prova come prima. Le forme dell’organizzazione politica devono cambiare".

Si va verso una democrazia forte come in Ungheria?

"Ho fiducia nella democrazia, purché si renda conto della sfida che la pandemia pone. Si può ancora rilanciare il fascino della democrazia".

Esempi che danno speranza?

"In Europa c’è stato un sussulto che prima non c’era. L’Europa dei banchieri è stata brutalmente messa in crisi e la reazione va verso la consapevolezza di una unione identitaria. Si tratta di adeguare la partecipazione politica. Non è una sfida persa in partenza".

La storia che cosa ci insegna?

"Che i primi barlumi europeisti nacquero durante la guerra, a Ventotene. E poi vennero Schuman e De Gasperi".

Però oggi i giovani sono sfiduciati. Sono i più decisi nell’invocare soluzioni forti.

"È vero, perché la pandemia lascia emergere gli strati più profondi, rivela sentimenti già annidati nella società, che esplodono senza freni. Egoismo, rancori: sentimenti rivelati già dall’emergenza migranti".

Ma lei non teme una deriva autoritaria dell’Italia se la politica non esprimerà un leader democratico efficace?

"Sì...una leadership credibile è il passaggio obbligato. E il rafforzamento delle istituzioni democratiche. Ma una leadership si legittima nel territorio delle emozioni".

Nel passato le epidemie hanno cambiato la società?

"No, le guerre hanno cambiato la storia. Cento anni fa la Spagnola non trasmetteva nessun senso di paura, era vissuta come una fatalità. Aver perso un parente per la malattia era quasi la normalità".