Venerdì 19 Aprile 2024

"Lo Stato stia alla finestra I dati non sono in pericolo"

Il docente di Telecomunicazioni tiepido sull’ipotesi di un’iniziativa pubblica "La sicurezza è garantita dai sistemi crittografici. La rete unica? Soluzione giusta"

Migration

di Achille Perego

Da neutrale a più interventista. Il governo, con l’audizione alla Camera di ieri del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, ha rafforzato il ruolo che deve avere il pubblico su asset strategici come le tlc. Fino a prospettare l’esercizio del golden power. "Esercizio che, in base alla normativa, sarebbe però una stranezza se fosse preventivo di fronte a una semplice manifestazione d’interesse, mentre è previsto che sia successivo al reale lancio dell’Opa da parte di Kkr che, allo stato attuale, non si sa ancora se avverrà", risponde Francesco Vatalaro, professore ordinario di Telecomunicazioni all’Università di Roma Tor Vergata.

Ma è auspicabile l’intervento del governo su un asset strategico come Tim di fronte al possibile passaggio al fondo americano?

"Le tlc rientrano nel perimetro della normativa del golden power è il governo ha tutto il diritto di interessarsi ma può intervenire solo dopo l’avvio di un processo di trasferimento di un ramo d’azienda o della società nel suo complesso. E in casi di eccezionale gravità, ricorrere al golden power".

Per Tim, con le preoccupazioni dei sindacati per l’occupazione, potrebbe concretizzare questa gravità?

"I sindacati, anche per la situazione che si è creata, sono legittimati a essere preoccupati. E certamente l’allarme dovrebbe scattare di fronte a ipotesi di spezzatino di Tim o della perdita di migliaia di posti di lavoro. Ma oggi questo scenario è prematuro. Non c’è dubbio però che già in questa fase – come sembra in parte avvenuto – possa esserci un’interlocuzione del governo a salvaguardia dell’occupazione".

C’è chi invoca anche il pericolo che potrebbe crearsi per quanto riguarda la sicurezza dei dati, le tecnologie, il cloud?

"Pericolo paventato da chi non conosce il settore delle tlc, perché la sicurezza dei dati non dipende dalle reti ma dai sistemi crittografici, a livello superiore".

La rete però può essere un asset strategico e si parla, seppure con divisioni all’interno dello stesso governo, della tanto discussa rete unica con l’integrazione di quella di Telecom con Open Fiber, posseduta al 60% da Cdp?

"Ricordiamoci che sono 15 anni che si parla di scorporo della rete e di rete unica in Italia e finora non è successo nulla. Non è detto che si vada in quella direzione anche se è uno scenario possibile. Kkr potrebbe spingere per la separazione delle rete di Tim com’era nei progetti a suo tempo del fondo Elliot come ex azionista di Telecom. Ma dovrebbe cambiare la strategia di Cdp che oggi, attraverso il suo management, sostiene di voler entrare nelle aziende solo per valorizzarle e poi uscire. Di certo, tenendo conto che Open Fiber non potrebbe farcela da sola a realizzare la rete in fibra ottica, sarebbe una soluzione auspicabile".

La politica, e quindi il governo, dovrebbero o non dovrebbero tutelare l’interesse pubblico nell’ambito delle tlc e delle reti?

"Purtroppo l’Italia in questi 25 anni ha avuto un atteggiamento anomalo rispetto agli altri Paesi europei alternando il totale disinteresse dello Stato quando fu privatizzata Telecom e poi un ritorno di interventismo della politica - si pensi alla creazione di Open Fiber – che ha alterato il mercato e contribuito alla perdita di valore in Borsa della stessa Telecom per cui era quasi scontato che si facesse avanti qualcuno per comprarla a prezzi così bassi, un decimo per esempio della capitalizzazione di Deustche Telekom".

Quindi?

"Quindi si dovrebbe prendere l’esempio dagli altri Paesi europei, dall’Olanda alla Francia alla Germania, dove le grandi aziende di tlc vedono una presenza attenta ma discreta dello Stato lasciando il compito di vigilare sul mercato ai regolatori, come la nostra Agcom per le tlc e la Consob per la Borsa. Regolatori che sanno fare al meglio il loro mestiere".