Martedì 23 Aprile 2024

Lo spirito dei (nuovi) tempi nella City

Migration

Antonio

Caprarica

Sarà il tecnocrate Rishi Sunak, ex banchiere, ex manager di hedge fund, a chiudere in Gran Bretagna la stagione dei populisti? Sarà l’ex

cancelliere dello Scacchiere di Boris Johnson, e il ministro che l’ha tradito per primo,

a relegare l’ex premier in una irrilevante nota a piè di pagina della storia britannica? Certo non potrebbero essere più diversi l’esuberante, eccentrico, spettinato, disordinato e clownesco leader della Brexit, rinnegato rampollo dell’establishment e il levigato, segaligno, inappuntabile figlio di immigrati indù al quale – ironia della storia – gli inglesi affidano le loro speranze di

non affondare assieme alla Brexit. La scelta di Rishi Sunak conferma che nel Regno Unito la politica almeno sembra scevra da pregiudizi razziali, tanto a destra come a sinistra. Il laburista Sadiq Khan, sindaco di Londra, è figlio di un immigrato pakistano guidatore di bus nella capitale. E accanto a Sunak nel gabinetto Johnson sedevano Sajid Javid alla Sanità, Priti Patel agli Interni, Alok Sharma, Shailesh Vara, Nadhim Zahawi, tutti nomi,

etnicamente non inglesi. Sunak non è il primo figlio di immigrati a entrare a Downing Street. Il record fu stabilito 150 anni fa da Benjamin Disraeli, geniale discendente di ebrei

portoghesi. Ma il primato di Sunak è più significativo. I suoi nonni venivano dal Punjab, provincia dell’impero indiano della Gran Bretagna, ed emigrarono nella colonia inglese del Kenya, da dove i genitori di Rishi, medico e farmacista, a Southampton. Così il nuovo primo ministro, appena 42enne, di Sua Maestà britannica non è soltanto un immigrato di seconda generazione ma molto di più: per la prima volta nella storia del Regno Unito tocca a un figlio delle ex colonie guidare la metropoli dell’ex impero. Ovviamente, non è una garanzia di successo. Ma quanti decenni occorrerà aspettare perché qualcosa del genere accada anche dalla nostra parte della Manica?