Lo scudo penale che copre tutto non è possibile

Ugo

Ruffolo

La morte di un militare dopo la vaccinazione, e le iscrizioni nel registro degli indagati, improvvide se estese anche a chi ha inoculato la fiala, rievocano la questione dello scudo penale per i medici. Ma la questione è mal posta. Lo scudo può riguardare il passato, non anche il futuro: sarebbe come dare licenza di compiere reati impunemente. Altro è però la licenza (incostituzionale) di compiere reati, altro l’abbassare l’asticella della colpa, ad esempio limitandola a quella grave. Come già avviene, per molte responsabilità risarcitorie sia dell’operatore che delle strutture sanitarie. Lo prevedono la legge Gelli Bianco e il codice civile in materia di responsabilità professionale "per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà" (art. 2236). È la norma di fatto invocata per assicurare parziali immunità risarcitorie nella “medicina delle catastrofi” in tempi di Covid, dove la carenza di mezzi attenua (ma non azzera) molte responsabilità da imperizia (meno da disattenzione o disorganizzazione).

Nella vaccinazione di massa, chi vaccina rischia di rispondere solo se mal esegue quella operazione (dovrebbe inoculare in testa e non sul braccio…), mentre basta - se ben fatto - il questionario da riempire prima dell’iniezione ad assurgere a consenso informato e comunque ad autocertificare la assenza di controindicazioni (laddove dichiarare incompatibilità inesistenti esporrebbe a gravi reati). Altro è invece la responsabilità di chi gestisce male la conservazione o gestione delle fiale. Ricordando che si muore da Covid (già centomila vittime) e non da vaccino (pochi casi dubbi su milioni), può suggerirsi di prevedere per legge un indennizzo per i casi di danno. Cui aggiungere responsabilità risarcitorie, e penali, nelle improbabili ipotesi estreme. La legge farebbe anche bene a limitarle alla sola colpa grave, senza demotivare chi è al fronte per una vaccinazione a tappe forzate. Dove non il vaccino, ma ogni ora di ritardo procura vittime. Non spariamo sulla Croce Rossa.