Mercoledì 24 Aprile 2024

Lite sulla scuola del figlio. Il giudice: decide lui

Coppia separata: il padre voleva un istituto privato, la madre uno pubblico. Un giudice di Verona ha stabilito che a scegliere sarà l’undicenne

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Mamma e papà separati litigano per il futuro scolastico del figlio undicenne. Impossibile trovare un accordo bonario. La disputa si fa così delicata – e intricata – che alla fine approda in tribunale. Dove il collegio giudicante spazza via genitori e avvocati, ascolta il ragazzo – in separata udienza – e poi decide. Accontentando il preadolescente che, nel motivare la sua preferenza, dimostra precoce "maturità" e "capacità di discernimento".

La trama di questa istruttiva saga scolastica si svolge nel Veronese. Una storia come tante di prospettive, dubbi, ragionamenti, legittime ambizioni finché la materia del contendere non approda agli onori della giustizia e delle cronache, probabilmente per l’incapacità dei genitori di accantonare le rispettive riserve e ragionare con pacatezza, senza proiettare altre dinamiche sulla vicenda. Il padre, come tutti i padri, vuole il meglio per il figlio, e il meglio – vero o presunto – sta in un istituto privato della zona. La scuola prescelta non è dietro l’angolo di casa, ma – secondo lo spot paterno – è luogo ideale di apprendimento, tra tempo pieno e attenzione per le lingue. Obiettivo prioritario: l’affinamento dell’inglese.

La madre, viceversa, preferisce un istituto pubblico, lo stesso frequentato dalle sorelle maggiori. Una scuola senza tempo pieno e vicina a casa, che tra gli altri pregi didattici assicura la prosecuzione delle lezioni musicali. Quando la contrapposizione tra ex coniugi supera il livello naturale, la faccenda finisce in tribunale.

Sul banco del collegio del Tribunale presieduto da Lara Ghermandi, arrivano le posizioni ufficiali. Il padre preme per l’istituto privato sottolineando "l’elevata qualità dell’offerta formativa e dei docenti, anche sotto il profilo della cura delle lingue straniere", come pure "l’attenzione per la didattica a distanza e la possibilità di avvalersi del tempo pieno". Anche la tesi contrapposta della madre, più colpita dalla scuola pubblica, è altrettanto articolata e dettaglia con cura sia le ragioni "di vicinanza e comodità dell’istituto a poche centinaia di metri di casa", sia la "possibilità di avvalersi" all’interno dell’istituto pubblico della disponibilità di competenze musicali e di orchestra", grande passione del piccolo.

Alla fine, a indicare la soluzione ai giudici è proprio il ragazzo. Invitato ad esporre serenamente il proprio punto di vista – personale ed emotivo – ed eventualmente a motivarlo, l’undicenne dice a chiare lettere ai magistrati che vuole andare alla scuola pubblica. E per motivi validissimi. È vicina a casa, è comoda per andarci "a piedi" e "da solo", e offre l’ulteriore "possibilità di mantenere i rapporti con i compagni delle elementari". Una preferenza espressa senza tentennamenti, "con una naturalezza che ispira immediatamente simpatia", riconoscono i giudici. A dispetto dell’età, il ragazzino dimostra infatti di avere le idee chiare". Così, dopo aver visto la presentazione di entrambi gli istituti, annuncia ai genitori di non avere dubbi sulla scelta (avallata dal tribunale).

Secondo i magistrati, "andare e tornare a piedi" da scuola permetterà tra l’altro al giovane "di sperimentare un momento di ulteriore crescita". Soddisfatta della decisione Barbara Lanza, responsabile regionale dell’Osservatorio sul diritto di famiglia. "Il bimbo ha saputo dimostrare a tutti che la scelta condivisa dal tribunale è quella più giusta per garantirgli serenità e protezione".

g. ros.