Martedì 23 Aprile 2024

L’Italia è plurale Va rispettata ogni sensibilità

Lorenzo

Guadagnucci

Nella città di Sarajevo, che un tempo – prima che esplodessero i nazionalismi – era la capitale più pluralista d’Europa, si era soliti festeggiare reciprocamente tutte le più importanti festività religiose: l’ebraica, l’ortodossa, la cattolica, la musulmana. Non era un modo laicista di affrontare la convivenza fra religioni e stato, ma una forma di civile e reciproca accettazione: la mia festa era anche la tua e così la città si univa anziché dividersi. Nel nostro Paese il crocifisso nelle aule scolastiche è un fatto di tradizione, più che un agente di indottrinamento, ma l’Italia sta cambiando profondamente. Non solo si è secolarizzata, ma oggi è popolata da milioni di persone venute da fuori, con altre lingue, altre culture, altre fedi (soprattutto l’ortodossa e la musulmana), in aggiunta alle minoranze linguistiche e religiose già esistenti.

La Cassazione, quando affida all’autonomia delle scuole la scelta sui crocifissi, apre una strada nuova. Potranno aggiungersi altri simboli, se qualcuno vorrà, ma sarà anche possibile togliere crocifissi o non includerli nell’allestimento di nuove classi. Quel che conta è che si consideri il volto pluralista dell’Italia attuale, senza dimenticare la vasta platea dei non credenti. Più che del crocifisso, allora, dovremmo parlare del convitato di pietra di questa discussione: l’articolo 7 della Costituzione, che conferisce un effettivo privilegio alla Chiesa cattolica. Non sarà questo il vero anacronismo? E non potrebbe (forse dovrebbe) la stessa Chiesa cattolica ragionare su questo punto in termini nuovi?