"Lisa dagli occhi blu? Non era mia moglie. Sul set con la Deneuve, bella da impazzire"

Mario Tessuto racconta: la protagonista della canzone era parente del paroliere Bigazzi. Cavallaro ci mise la musica, io la voce. Continuo a proporla all’inizio e alla fine dei miei concerti. Fu un successo epocale: ho venduto cinque milioni di dischi.

Mario Tessuto, sua l'indimenticabile 'Lisa dagli occhi blu'

Mario Tessuto, sua l'indimenticabile 'Lisa dagli occhi blu'

Mario Tessuto, la mia generazione si arrovella da 51 anni: chi era in realtà quella Lisa dagli occhi blu?

"Era un quadro, il ritratto di una ragazza con le trecce che non esisteva più da molto tempo: la nonna del paroliere Bigazzi. Cavallaro ci mise la musica, io la voce. E nacque il successo che segnò un’epoca".

Era il 1969. I 45 giri si vendevano come il pane: creavano l’atmosfera nelle festicciole in casa. I primi balli, le luci spente, i baci. E in sottofondo lei, la misteriosa Lisa: classe seconda B, senza le trecce la stessa non sei più, piove è silenzio tra noi, vorrei parlarti ma te ne vai. Mario Tessuto ora ha 77 anni, vive a Vigevano, fa serate con la moglie Donatella, ha due figli grandi e due nipoti. Il suo pubblico di fedelissimi lo segue con affetto immutato. E a inizio e fine concerto chiede sempre quella hit che ha venduto 5 milioni di dischi.

Aveva capito che Lisa avrebbe sbancato le classifiche?

"Nessuno poteva immaginarlo, gli stessi autori ci credevano poco. Mi dissero: ti diamo l’ultima possibilità. Io ascoltai il brano e non ho avuto dubbi: questa canzone è mia, risposi".

Fu il botto.

"Secondo posto al Disco per l’estate dietro Al Bano, ma il pubblico mi premiò. Nella top ten per quindici settimane, sei volte prima, un successo trionfale in America e Giappone. Divenne il simbolo della fine anni Sessanta tra sospiri, amore, malinconia. E il rebus di quegli occhi blu".

Molti pensavano che appartenessero a Donatella, la donna che avrebbe sposato nel ‘71. È sicuro che le cose siano andate come ha raccontato prima?

Mario Tessuto ride e tace. Tocca a Donatella. "Io e Mario eravamo fidanzatissimi e la canzone fece irruzione nella nostra vita privata. Paolo Mosca mi chiamò: Donatella, non fare la stupida, metti le lenti a contatto blu perché Lisa devi essere tu. E io ubbidii, così volevano rotocalchi e pubblico. Ma ho gli occhi marroni, che diventano verdi con la luce o le lacrime. Perché a volte piango".

Mario, com’è arrivato al canto?

"Ero solista nel coro dei chierichetti, la gente mi applaudiva dalle finestre. Sono nato a Pignataro Maggiore, un paesino di suonatori, provincia di Caserta. Si ricorda Dove sta Zazà? C’era la banda di Pignataro che suonava il Parsifallo eccetera eccetera. Poi la famiglia si è trasferita in Lombardia".

Milano, la metropoli. Come la visse?

"Io sono figlio di operai, diventare ragioniere significava salire sull’ascensore sociale. Ma amavo la musica e in Galleria c’erano le case discografiche. Fui notato da Miki Del Prete che mi portò nel Clan di Celentano: un contratto, zero dischi incisi. Il primo lo feci con Ricky Gianco e subito dopo mi prese la Cgd. Cominciavo a ingranare: Don Backy scrisse per me. Poi il Cantagiro e mi chiamò Baudo a Settevoci".

Come nacque quel cognome d’arte, Tessuto?

"Il manager decretò: tu hai stoffa, ti chiamerai Tessuto. Anche il gruppo fu ribattezzato: Mario Tessuto e i suoi Filati".

Come si fa a spiegare a chi non era nato il delirio che c’era attorno ai cantanti?

"Il Cantagiro era fantastico, entravamo nelle città su spider fiammanti, ci assalivano per le foto e gli autografi".

C’era anche il cinema no?

"I musicarelli. Ogni canzone che sfondava nella hit parade diventava una sceneggiatura, anche Lisa. Recitai con il mio vero nome: Mario Buongiovanni. Il regista era Corbucci. Ripeteva: ahò, se stavi a Roma te facevo fa’ un sacco de film".

Divertente?

"Una scuola. Sa chi erano gli attori oltre a Silvia Dionisio? Peppino De Filippo, Macario, Dapporto, Bramieri, Bice Valori, Banfi, Carotenuto, Franchi e Ingrassia, Ric e Gian... Non so se mi spiego".

Fu la sua unica presenza sul set?

"Ho lavorato con Lisa Gastoni. E nel ‘74 il maestro Bolognini mi volle in Fatti di gente perbene. Nel cast c’era la Deneuve, una bellezza che non si dimentica".

Lei di bellezze se ne intende. A cominciare da Donatella, sua moglie. Quando vi incontraste?

"Nel ‘61, io avevo 18 anni. Lei 13, era la sua prima volta in una sala da ballo pomeridiana. Papà e zio l’affidarono al direttore del locale. La notai subito, ballammo. Un’emozione fortissima. Alle 5 se ne andò come Cenerentola. Le corsi dietro, era già salita sul filobus. Urlai: dammi il numero di telefono. L’ho ripetuto durante tutta la strada fino a casa per non scordarlo".

Torniamo a Lisa e non solo. Lei ha inciso 120 dischi. Era diventato un divo, quante ragazze le stavano dietro?

"Noi cantanti godevamo di una popolarità enorme. Ero un bel ragazzo, non mi sono mancate le occasioni".

Donatella era gelosa?

Lui resta muto, interviene lei. "Erano tutte innamorate. Una signora sposata, tre figli, prese un’imbarcata terribile. Ogni giorno arrivavano fiori. E oro: catene, medaglie, gemelli, anelli, bracciali. Un cassetto pieno. Finché la mia futura suocera volle incontrarla: signora, le rendo tutto e finiamola qui".

Mario, tra i suoi amici ce n’era uno speciale: Lucio Battisti.

"Veniva due volte la settimana da noi, adorava i miei bucatini all’amatriciana. Era un ragazzo favoloso, gentile, spontaneo. A casa c’era uno studiolo, abbiamo registrato lì il sonoro del viaggio a cavallo di Lucio e Mogol da Milano a Roma, nel 1970. Parlavamo di musica, del futuro, delle donne. Della vita, insomma".

Bucatini all’amatriciana?

"La cucina è la mia seconda passione: se cantassi come faccio da mangiare sarei Sinatra. Avevo aperto un ristorante nell’hinterland milanese, in un palazzo del Settecento. Io, Donatella e un grande chef: si mangiava e suonava. Ci sono passati tutti, serate magnifiche. È finita per colpa di soci poco amici".

Anche la sua carriera musicale ha avuto una vetta e una lenta discesa. Perché?

"Un successo come Lisa non si replica. È stato lo stesso per Riccardo Del Turco con Luglio, disco per l’estate nel ‘68. E se vogliamo per Tozzi e Gloria. Ho fatto altre belle canzoni, che sono piaciute. Ma non ho mai pensato di essere il numero uno. La mia carriera mi soddisfa pienamente: una biografia di 400 pagine sta per uscire in libreria".

E la vita? Ugualmente felice?

"Sì, anche se con alcune pagine faticose. Abbiamo due figli splendidi. Sabrina, la secondogenita, ci ha regalato due nipotini. Giancarlo, che ha 48 anni, è autistico. Un figlio speciale, che Donatella ha avuto a 23 anni quando di questa malattia si parlava pochissimo. Quando capita una cosa del genere, una coppia si spezza o si salda ancora di più. Noi ci siamo stretti tutti insieme. Giancarlo è diventato adulto, viene con noi ai concerti, sa tutte le canzoni. Abbiamo lavorato a una struttura con l’Anffas per lui e altri come lui: entrerà un po’ alla volta. Dolcemente. Vogliamo che non resti solo, dopo di noi".

 

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