Giovedì 18 Aprile 2024

L’incubo dei simboli Br Lo storico: tensione alta "Ma la violenza non torna"

Scritte con le stelle a cinque punte e striscioni con La Russa a testa in giù. De Luna: "Non vedo matrici ideologiche. Gli opposti estremismi? In Parlamento"

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di Nino

Femiani

"Non vedo il rischio di un ritorno agli anni di piombo, non ci sono più le condizioni che allora favorirono il terrorismo". Alle soglie degli ottanta anni, Giovanni De Luna è lo storico che più ha indagato sulle ragioni del terrorismo e degli estremismi italiani. Molto noti, non solo tra gli addetti ai lavori, i due volumi scritti per Feltrinelli, ‘Le ragioni di un decennio. 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria’, nel 2009, e due anni dopo, ‘La repubblica del dolore. Le memorie di un’Italia divisa’.

Lei dice: non c’è più il retroterra culturale che favorì il terrorismo brigatista degli anni Settanta e i bombaroli neri. Cosa è cambiato?

"Non c’è anzitutto un conflitto sindacale esplicito, un fermento sociale tra i giovani, il movimento femminista e le rivendicazioni dei diritti civili. Un clima di grande effervescenza che riempiva le piazze e dentro cui, come un cancro, allignava il terrorismo. E dall’altra parte c’era una politica e pezzi di Stato e dei servizi che mettevano le bombe e facevano le stragi. Tutto questo oggi per fortuna manca, non c’è più la radicalizzazione di allora e c’è uno Stato pienamente democratico e trasparente. Quindi mi consenta un’argomentazione sintetica…".

Prego professore.

"In Italia siamo in un momento storico in cui la violenza non è una risorsa per la politica. Almeno oggi, è così, in futuro vedremo".

Però il clima d’odio cresce, i veleni dell’inimicizia sono stati inoculati anche in gente all’apparenza moderata. Inoltre, la scritta con la stella a cinque punte davanti alla sede di Fratelli d’Italia alla Garbatella e lo striscione contro La Russa sul ponte degli Annibaldi a Roma non sono bei segnali. Li giudica fatti isolati?

"Non sono fatti isolati. Sono la risposta identitaria a una presa di posizione identitaria da parte della destra. Se tu metti alla Camera uno che si muove all’insegna di Dio, patria e famiglia, che esalta Alba Dorata e che inneggia a Putin, ti devi aspettare una reazione del genere dall’altra parte".

L’elezione dei presidenti delle Camere è stato il disco verde per rispolverare l’estremismo rosso?

"Sì, ma non c’è più lo spirito del tempo che favorì l’eversione armata. Oggi queste forze sono residuali, sia a destra che a sinistra. Certo c’è da chiedersi se il passato è davvero passato, se si sono fatti i conti fino in fondo, ma questo riguarda sia la sinistra sia la destra che ora è al potere".

Lei però ha sempre sostenuto una discontinuità storica tra il Ventennio e la destra meloniana.

"Non c’è più niente di quel mondo. Il fascismo è il Novecento, è il secolo delle masse, è la violenza scaturita dalla Grande Guerra. Le condizioni che favorirono la nascita e il consolidamento del regime non ci sono più". Non crede che la recessione, la ripresa delle manifestazioni per i salari e la pace, il clima di contrapposizione tra le forze in Parlamento, la mancata integrazione delle seconde generazioni di immigrati, possano rappresentare un brodo di coltura per la violenza estremistica?

"Al momento vedo queste come iniziative sporadiche e frammentarie che non hanno un coagulo ideologico. Credo però che questi fatti continueranno, anzi si moltiplicheranno. Ma senza il minimo comun denominatore di una rappresentanza politica, difficilmente riusciranno ad accendere focolai di rivolta".

Eppure anche il tranquillo Letta ricorre a parole di fuoco come ‘legislatura partita con logica incendiaria’. Il livore politico ormai contagia anche i big.

"È la fisiologia del gioco democratico, non ci darei molto peso. Non penso agli opposti estremismi in piazza, li vedo più dentro il Parlamento".