L’impressione è che l’Occidente soffra più di Putin

Cesare

De Carlo

Lo ha riconosciuto Mario Draghi con il suo consueto realismo. Parlava a conclusione del primo dei tanti summit della serie estiva, quello dell’Unione Europea la scorsa settimana. Vladimir Putin vende la metà del suo gas ma guadagna di più. Viene minacciato di default ‘’tecnico’’ per il mancato rimborso di due bond internazionali (importo molto limitato), ma il rublo è tornato alla vecchia quotazione, mentre calo del pil e inflazione sono più o meno come nell’Europa occidentale. Milioni di tonnellate di grano ucraino sono bloccati a Odessa, ma a soffrirne sono i mercati europei, africani e asiatici. La popolazione russa è colpita da pesanti restrizioni ma il consenso per Putin rimane alto (stando a fonti baltiche).

Il G 7 e la Nato ostentano unità. Ma tanta determinazione non basta a coprire la povertà di altre opzioni punitive. Biden propone di bloccare l’acquisto di oro russo. Gli Usa non ne hanno bisogno. E nemmeno hanno bisogno del gas russo. Ma l’Europa sì, e come. È alla mercè di Putin che ha già ridotto i flussi della metà. In realtà i mezzi di pressione sembrano esauriti e sono aumentati i rischi di escalation. La piccola Lituania blocca il transito da e per Kaliningrad, l’ex Koenigsberg prussiana, enclave russa a ridosso della Polonia. Decisione in linea con le sanzioni – dice – ma sa di provocazione.

Voglio ricordare un po’ di storia. Kaliningrad può diventare la Danzica di una terza guerra mondiale. La seconda cominciò nel settembre 1939 quando Hitler invase la Polonia da ovest, mentre Stalin la invadeva da est. Causa: proprio il blocco polacco attorno a Danzica, anch’essa ex città prussiana. Non a caso alla TV russa Andrey Gurulyov, membro del Comitato di Difesa, ammonisce: non è saggio provocare una potenza nucleare. E preannuncia: il primo obiettivo sarà Londra. ([email protected])