L’idea di Meloni sull’Europa non è cambiata

Sofia

Ventura

Se si legge e si ascolta Giorgia Meloni, si sa che la sua idea di Europa è piuttosto lontana da quella di un continente dei diritti e delle libertà, dove l’individuo può perseguire la propria felicità, sorta anche in reazione ai totalitarismi del Novecento. La sua Europa, lo scrive nel suo libro, è l’Europa della fede cristiana, che ignora i Lumi, che combatte i Mori, alla quale si appartiene per ‘origine’. Meloni non ha alcuna simpatia per un progetto federale e liberale europeo e, come Orbàn, apprezza un’idea di Europa che consenta alle nazioni di perseguire il proprio progetto ‘identitario’, ripristinando una società ‘organica’ fatta non di individui, ma di comunità e famiglie, ‘normali’, ‘tradizionali’, dove i comportamenti non urtano la sensibilità del senso comune tramandato. Sempre come Orbàn, e come il governo polacco, vorrebbe che le normative nazionali non fossero più subordinate a quella europea, impedendo, così, all’Unione, tra le altre cose, di intervenire quando principi fondamentali e lo Stato di diritto sono lesi. Per questo le sue parole urlate al comizio di Milano, di sfida all’Europa (“è finita la pacchia”) e di rivendicazione della difesa degli interessi nazionali, non sorprendono. Impegnata in queste settimane a proporsi come una leader moderata e conservatrice, forse per mobilitare i suoi, per recuperare l’immagine di eroina contro le élite che ha dovuto smorzare per non spaventare istituzioni nazionali e sovranazionali, alla fine Giorgia Meloni è tornata a mostrarsi per ciò che è, ovvero una leader della destra radicale. Che ha bisogno di continuare a indicare l’Unione come un nemico e non sembra voler rinunciare ad agitare il vessillo tricolore contro gli egoismi degli altri partner europei. Se davvero conquisterà Palazzo Chigi sarà la voce dell’Italia ai Consigli europei. Tempi non banali ci attendono.