"Non sentivo quella stessa paura, ma la capisco". La paura di cui Giuliano Amato, 85 anni, presidente della Corte Costituzionale fino a settembre 2022 e oggi, a capo della commissione ’algoritmi’ per l’intelligenza artificiale, era di un’altra stoffa di quella degli studenti di oggi. "La mia generazione veniva da una guerra spaventosa e c’era da ricostruire un mondo di pace. Dovevamo realizzare una nuova economia e una nuova società". Ma quella paura c’era. E mentre ieri, in videocollegamento a Firenze con la direttrice di QN, La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno, Agnese Pini per il festival di Luce!, la confessava in platea, 500 giovanissimi lo fissavano in attesa di una risposta: come sconfiggerla? Prima di tutto capendone le differenze. "La mia generazione aveva più fiducia nel futuro. Avevamo la convinzione che il futuro, comunque ci sarebbe stato". Per gli under 25 di oggi, invece, le cose sono diverse: il futuro sembra a orologeria. Ma il panico non serve.
"La paura non è espressione di viltà. Oggi esiste la paura della vivibilità del pianeta. Per questo dovete spingere – dice rivolgendosi agli studenti – la politica ad occuparsene. La maggior parte di quelli che oggi hanno in mano il potere, quando avrete dei figli, non ci sarà più. Il presente e il futuro vi appartengono". E per uscire da quel vicolo cieco bisogno puntare lì: sul merito e sul riconoscere il proprio talento. Parola di Amato. "Perché il merito sia riconosciuto – dice ancora – occorre che sia applicato laddove c’è. Ci sono molti giovani i cui talenti non vengono scoperti perché molti rimangono indietro". Questo è un problema, invece, rimasto immutato rispetto agli anni degli studi di Amato.
"Ancora oggi – commenta – dopo 75 anni dall’entrata in vigore di una Costituzione che chiedeva di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono l’uguaglianza, non siamo riusciti a farlo completamente". La soluzione del presidente: scommettere tutto sulla mobilità sociale, in modo da realizzarla al massimo. "Cioè la possibilità per chi viene dal basso, di crescere come già si trova in alto: questa possibilità è spesso frustrata". Lo sa bene chi esce dalla scuola superiore e, per settimane, si cimenta nell’invio del curriculum. Da qui l’appello a imprenditori e aziende. "Questa – commenta – è una cosa che i datori di lavoro italiani devono capire: scommettere sul talento manifestato negli anni scolastici. Quando si manda un curriculum per la prima volta, la risposta non può essere: ’hai i titoli di studio, ma ti manca l’esperienza’. È normale che manchi: ci sarà qualcuno davvero disposto a scommettere su questa prima volta?".
cla.cap