L’ex portavoce Cgil a Roma: "Licenziato dopo 40 anni grazie al Jobs Act"

Massimo Gibelli, ex portavoce del segretario Cgil Maurizio Landini, denuncia il licenziamento ai sensi del Jobs Act. Il motivo sembra essere la soppressione della figura del portavoce, ruolo che Gibelli ha esercitato dal 2021.

Licenziato ai sensi del Jobs act. È quanto denuncia Massimo Gibelli, ormai ex portavoce del segretario Cgil Maurizio Landini (in foto insieme), in una lettera all’Huffington Post. Informando che "ovviamente il licenziamento è stato impugnato e sono ora in corso le conseguenti procedure". Stando a Gibelli, lo scorso 4 luglio, al rientro dalle ferie, è stato convocato nell’ufficio del segretario organizzativo. Nel colloquio viene comunicato il "licenziamento per giustificato motivo oggettivo" e consegnata una raccomandata a mano in cui si specifica l’avvenuto fine rapporto di lavoro a quella data. Una formula, il "giustificato motivo oggettivo", che risale alla legge 60466 e modificata negli anni fino alla Fornero del 2012 e al Jobs Act del 2015. E che, secondo voci di corridoio, nei giorni scorsi sarebbe stata adottata anche nei confronti di un dipendente della Cgil friulana.

Motivo? "Dovreste chiedere al segretario", risponde il diretto interessato interrotto durante una cena. A ogni modo "non sono scappato con la cassa, non sono inquisito o sotto indagine della magistratura – scrive –. Non ho litigato, insultato o commesso ingiustizie nei confronti di colleghi. Non sono venuto meno ai miei doveri di lavoratore, né di lealtà. Non ho commesso nulla che potesse compromettere il rapporto di fiducia".

Come spiega Gibelli, la figura del "portavoce del segretario generale" è stata soppressa sin dal 2021. E tuttavia è un ruolo che Gibelli ha continuato a esercitare, in considerazione dell’esperienza iniziata con Luciano Lama e proseguita con tutti i leader Cgil. Fino al rapporto, poi incrinato, con Sergio Cofferati e la più recente collaborazione con Susanna Camusso.

Cosimo Rossi