Il magistrato Giuliano Mignini e Amanda Knox 

Un lungo abbraccio con Amanda, la ragazza che voleva all’ergastolo per l’omicidio e lo stupro di Meredith Kercher, e un regalo, un carillon alla sua bimba Eureka. Quindici anni dopo il giallo che ha attraversato tre continenti e sul quale i misteri non si sono mai diradati, è Giuliano Mignini, l’allora pubblico ministero dell’indagine, ora in pensione, a rivelare di aver incontrato la Knox. Lo scrive nella ristampa del libro sul giallo di via della Pergola con un ’Messaggio ai lettori’; lo conferma al Qn. L’incontro è avvenuto il 17 giugno scorso a Perugia insieme a don Saulo Scarabattoli, l’uomo che tenne per mano Amanda durante la prigionia. Cappellano del carcere dove restò per quattro anni prima dell’assoluzione in corte d’appello e del ritorno a Seattle. Seguirà un’altra condanna ma con la Knox ormai negli Usa e, infine, l’assoluzione tombale in Cassazione che vuole l’americana sulla scena del crimine ma senza elementi certi per condannarla. All’appuntamento, in un ristorante alla periferia della città, anche il marito Christopher, "un tipo simpatico" e la bimba nata dalla loro relazione. "È cocchinissima", racconta Mignini in una tipica espressione dialettale. "La donna che ho incontrato ora è una signora di 35 anni – aggiunge – che non ha niente a che fare con la ragazza di allora". È stata la Knox a cercare quel faccia a faccia sin dal 2019. "All’inizio dissi di no. Poi le spiegai che l’avrei vista solo una volta andato in pensione dalla magistratura. Prima non mi sembrava opportuno". Proprio lui che l’aveva fatta arrestare e sollecitò la pena più severa, per un crimine tanto atroce: aver impugnato il coltello che uccise Mez in quella drammatica notte del primo novembre 2007. "Misi le mani avanti con gli intermediari – sottolinea Mignini – : dissi che non avrei cambiato una virgola del mio pensiero e della mia impostazione". E così è stato. In gran segreto nell’estate scorsa – la stessa dello scatto con Raffaele Sollecito a Gubbio, nella gita mai fatta il giorno della scoperta del cadavere – il "buono" e la "cattiva" si sono trovati uno dinanzi all’altra. Senza sbarre, senza manette, stavolta. "È stato commovente", rivela il magistrato. "Sì, ci siamo abbracciati". Il perché di quel ’bisogno’ di entrare in contatto con il suo grande accusatore Mignini non riesce ancora a spiegarselo. "Credo avesse bisogno di parlare con l’uomo che l’ha ritenuta colpevole, di resettare quel dolore". E nel libro scrive: "È come se, nonostante io fossi il pm, lei sentisse di potersi fidare completamente di me". Anche se la Knox è rimasta convinta dello sbaglio del magistrato. "Mi sono sforzato di far comprendere ad Amanda che il quadro emerso dal processo, al di là delle innegabili anomalie della Cassazione, sia tutt’altro che inquadrabile in errore giudiziario, non sono riuscito a convincerla". Dopo quell’incontro "si è instaurato un rapporto unico, straordinario", annota Mignini nella ristampa. I due si scrivono, Amanda gli manda le foto della bambina e gli auguri per il giorno del Ringraziamento. "Oggi la conosco e mi fido di lei. Come potrei vederla capace di fare qualcosa di male? Ma i processi non si possono fare con i sentimenti". E oggi rifarebbe tutto ciò che fece all’epoca, nel libro dice che non rinnega nulla per rendere giustizia a Mez? "Forse, ma dico forse, rivedrei qualcosa anche se l’impianto di fondo era quello. Adesso sono condizionato e se il processo dovesse mai riaprirsi mi asterrei".

Cronaca

Un lungo abbraccio con Amanda, la ragazza che voleva all’ergastolo per l’omicidio e lo stupro di Meredith Kercher, e un regalo, un carillon alla sua bimba Eureka. Quindici anni dopo il giallo che ha attraversato tre continenti e sul quale i misteri non si sono mai diradati, è Giuliano Mignini, l’allora pubblico ministero dell’indagine, ora in pensione, a rivelare di aver incontrato la Knox. Lo scrive nella ristampa del libro sul giallo di via della Pergola con un ’Messaggio ai lettori’; lo conferma al Qn. 
L’incontro è avvenuto il 17 giugno scorso a Perugia insieme a don Saulo Scarabattoli, l’uomo che tenne per mano Amanda durante la prigionia. Cappellano del carcere dove restò per quattro anni prima dell’assoluzione in corte d’appello e del ritorno a Seattle. Seguirà un’altra condanna ma con la Knox ormai negli Usa e, infine, l’assoluzione tombale in Cassazione che vuole l’americana sulla scena del crimine ma senza elementi certi per condannarla. All’appuntamento, in un ristorante alla periferia della città, anche il marito Christopher, "un tipo simpatico" e la bimba nata dalla loro relazione. "È cocchinissima", racconta Mignini in una tipica espressione dialettale. "La donna che ho incontrato ora è una signora di 35 anni – aggiunge – che non ha niente a che fare con la ragazza di allora". 
È stata la Knox a cercare quel faccia a faccia sin dal 2019. "All’inizio dissi di no. Poi le spiegai che l’avrei vista solo una volta andato in pensione dalla magistratura. Prima non mi sembrava opportuno". Proprio lui che l’aveva fatta arrestare e sollecitò la pena più severa, per un crimine tanto atroce: aver impugnato il coltello che uccise Mez in quella drammatica notte del primo novembre 2007. "Misi le mani avanti con gli intermediari – sottolinea Mignini – : dissi che non avrei cambiato una virgola del mio pensiero e della mia impostazione". E così è stato. In gran segreto nell’estate scorsa – la stessa dello scatto con Raffaele Sollecito a Gubbio, nella gita mai fatta il giorno della scoperta del cadavere – il "buono" e la "cattiva" si sono trovati uno dinanzi all’altra. Senza sbarre, senza manette, stavolta. "È stato commovente", rivela il magistrato. "Sì, ci siamo abbracciati". 
Il perché di quel ’bisogno’ di entrare in contatto con il suo grande accusatore Mignini non riesce ancora a spiegarselo. "Credo avesse bisogno di parlare con l’uomo che l’ha ritenuta colpevole, di resettare quel dolore". E nel libro scrive: "È come se, nonostante io fossi il pm, lei sentisse di potersi fidare completamente di me". Anche se la Knox è rimasta convinta dello sbaglio del magistrato. "Mi sono sforzato di far comprendere ad Amanda che il quadro emerso dal processo, al di là delle innegabili anomalie della Cassazione, sia tutt’altro che inquadrabile in errore giudiziario, non sono riuscito a convincerla". 
Dopo quell’incontro "si è instaurato un rapporto unico, straordinario", annota Mignini nella ristampa. I due si scrivono, Amanda gli manda le foto della bambina e gli auguri per il giorno del Ringraziamento. "Oggi la conosco e mi fido di lei. Come potrei vederla capace di fare qualcosa di male? Ma i processi non si possono fare con i sentimenti". E oggi rifarebbe tutto ciò che fece all’epoca, nel libro dice che non rinnega nulla per rendere giustizia a Mez? "Forse, ma dico forse, rivedrei qualcosa anche se l’impianto di fondo era quello. Adesso sono condizionato e se il processo dovesse mai riaprirsi mi asterrei". 
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