Martedì 23 Aprile 2024

L’ex compagno di scuola scagionato: solo messe e libri

Assolto in Cassazione, il 54enne ora chiede 327mila euro d’indennizzo per ingiusta detenzione

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BREBBIA (Varese)

Stefano Binda risponde al telefono dopo la messa del pomeggio, a cui non manca mai. Nella casa di Brebbia, nel Varesotto, dove vive con la madre, la sorella, il nipote, Binda conduce una vita riservata. Studia. È il lettore onnivoro di sempre, che passa dalla saggistica filosofica e storica alla rilettura dei classici della narrativa. È attivo nel volontariato. Ha presentato il suo conto alla giustizia: 327mila euro per ingiusta detenzione, 235,87 euro (il massimo consentito) per ogni giorno di carcere patito per tre anni e mezzo con l’accusa di essere il massacratore di Lidia Macchi. Viene arrestato il 15 gennaio di sei anni fa. Terribile il primo verdetto: il 24 aprile 2018 la Corte d’Assise di Varese lo condanna all’ergastolo. Sentenza ribaltata dalla Corte d’Assise d’appello di Milano: assoluzione per non avere commesso il fatto. Binda torna libero. Il 27 gennaio scorso la Cassazione dichiara inammissibili il ricorsi della procura generale e delle parti civili. "Non è la fine di un incubo – disse –. Non c’era niente di onirico. È tutto realtà, nel male, che non è stato poco, e nel bene, che è stato molto. Ho vissuto questo incubo da sveglio".

G. Mor.