Lunedì 15 Aprile 2024

L’Europa e la debolezza di Berlino

Raffaele

Marmo

La guerra in Ucraina ha mostrato fin dall’inizio come la Germania, da Stato centrale della costruzione europea, sia diventata una sorta di "buco nero" della coalizione occidentale e atlantica fondata sull’Unione e sulla Nato. Non è un caso che in ognuno dei passaggi cruciali, dei tornanti più impervi di questi terribili undici mesi di conflitto, il governo di Berlino si sia rivelato l’anello debole del fronte anti-Putin.

Lo è stato fin da subito sul versante degli aiuti militari a Kiev. Ha continuato a esserlo su quello del tetto al prezzo del petrolio e del gas, oltre che sull’approntamento di un nuovo Recovery europeo per fronteggiare gli effetti economici e sociali del caro-energia. Tant’è che ancora oggi siamo arrivati, al massimo e con grave ritardo, a mezzi accordi più che a intese che abbiano il respiro di un Piano continentale per l’indipendenza energetica.

La novità, che non è, però, una sorpresa, è che di fronte a un nuovo bivio drammatico e strategico della guerra, la Germania continua a fare la Germania e, con tentennamenti continui e convulsioni a giorni alterni sull’invio dei carri armati Leopard 2, finisce per rendere più fragile e meno compatto il fronte occidentale, quando si è ampiamente dimostrato che la non fragilità e la compattezza nel sostegno a Kiev sono state e sono l’arma più efficace per piegare l’aggressività dello Zar. Si potrebbe obiettare che quella di Scholz è solo prudenza, per contenere la linea oltranzista di polacchi, baltici, inglesi, e non solo. Il problema, però, che anche Francia, Italia e Usa sono "prudenti", ma non per questo minano né l’Unione europea né la Nato. E allora viene da sospettare che dietro l’atteggiamento di Berlino vi sia altro, un grumo di interessi economici, divisioni interne alla maggioranza rosso-verde-gialla e relazioni più o meno grigie del passato con l’Impero di Putin. Ed è questo che fa la differenza, non la prudenza.