Mercoledì 24 Aprile 2024

Lettera dal 2040 Un trentenne dell’era Covid

Dalle lacrime di Fiorello a Sanremo, dalla Dad alla zona rossa, dalle varianti inglese e brasiliana passando per il Coronavirus e SanPa

«Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura/ ché la diritta via era smarrita». Eh già. Quanto avrei voluto caro nonno poter leggere il Sommo Poeta, come facevate ai vostri tempi. Se tu fossi qui, davanti a me, inarcheresti il sopracciglio perché, quando la tua prof estraeva la Divina Commedia dal cassetto della cattedra, in classe scendeva il silenzio. «Che barba, che noia», bonfocchiavate da un banco a un altro citando quella simpatica coppia di comici (come si chiamavano? Sandra e Raimondo?) protagonisti di quella fortunata sitcom della televisione analogica in cui lei sbatteva i piedi sotto le lenzuola quando s’infilava nel letto. Altri tempi, ma che tempi! Eh già, nonno. Poi arrivò il 02.02.2020 che, essendo palindromo, doveva mettervi in guardia. Poco dopo quel virus, subdolo e invisibile, cambiò il corso della storia e anche il mio destino. Così, a me, la prof smise di leggere gli endecasillabi di Dante. Ma anche le equazioni e le variabili rimasero sigillate nei libri. Sì, perché a prendere il sopravvento fu la paura. E pensare che lo stesso Sommo Poeta l’aveva avuta («Ahi quanto a dir qual era è cosa dura/ esta selva selvaggia e aspra e forte/ che nel pensier rinova la paura!»). Ma poi non si era fermato. Aveva intrapreso il suo viaggio. A me nonno, tu e i politici che avevi contribuito ad eleggere, da Bonaccini a Fontana, da De Luca a Emiliano (e chi se li ricorda più oggi vent’anni dopo, ingoiati nell’imbuto dell’oblio) me lo impediste anche con le regole dell'ultimo Dpcm. Il mantra fu: «chiudiamo le scuole (non solo in zona rossa e in zona araccione scuro)». Peccato che i miei coetanei di Francia, Israele, Inghilterra, ma anche dell’India e del Marocco in classe continuarono ad andare, tranne per un periodo limitatissimo. Eppure il Coronavirus era lo stesso (e anche le varianti: inglese, brasiliana e nigeriana). Ma la visione di quell’istrione di Boris Johnson (che, in Italia, avevate sbeffeggiato per le sue improvvide dichiarazioni sull’immunità di gregge) fu più acuta: «la chiusura delle scuole sono l’extrema ratio. E quando si riapre saranno le prime». E lo stesso fece il premier Macron (quello sposato con la prof di 23 anni più grande di lui). I loro alunni hanno continuato a condividere lo studio, a confrontarsi in aula, a crescere insieme, a scommettere sul futuro. A ridere e scherzare, a protestare e piangere. Insieme. Io e miei compagni no, siamo stati relegati nelle nostre camerette. Abbandonati alla Dad e ai videogiochi. Anzi peggio. In classe arrivarono i carabinieri a dire che la scuola era chiusa. E per poco non denunciarono i prof (rei di far lezione, ovvero il loro lavoro) e i genitori (accusati di abbandono di minori). Il mondo rovesciato in men di un amen. Nulla è stato più come prima. La spensieratezza dell’infanzia e dell’adolescenza (raccontava, con le lacrime agli occhi, Fiorello a Sanremo2021) buttata nel cesso. E tutti a far spallucce davanti agli psichiatri che mettevano in guardia: «così li perdiamo. Stanno aumentando ansia, depressione, autolesionismo». Ma nulla. Miopia totale. Invece di vaccinare per primo il mondo della scuola così da riprendere subito le lezioni avete cincischiato. «Del resto i giovani non votano, non sono portatori di interessi. Non hanno lobby alle spalle». E così ho perso il treno della vita. E oggi, vent’anni dopo, sono qui chiuso nella comunità di recupero. Un po’ come quella SanPa, che fece tanto scalpore alla fine del 2020, per la docuserie su Netflix. Esco solo per venire al cimitero a portarti i fiori. È l’unico scampolo di colore che mi è rimasto. Eppure in quegli anni era un cambio di colore continuo. Ma tant’è. Se solo poteste tornare indietro e cambiare le cose. Perché come scriveva Dante: «Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore/ tu se’ solo colui da cu’ io tolsi/ lo bello stilo che m’ha fatto onore».