Venerdì 19 Aprile 2024

Letta sulla scia di Renzi e Salvini "Pier Ferdinando? L’ho proposto io"

Ieri sera incontro del segretario con i Grandi elettori dem. "Il centrodestra fino ad ora aveva detto no"

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di Ettore Maria Colombo

"È tutto completamente per aria e non è per colpa nostra. Se le cose restano così domani mattina (cioè oggi, ndr) votiamo ancora scheda bianca", allarga le braccia Enrico Letta, durante l’assemblea dei Grandi elettori del Pd, che si tiene a Montecitorio e inizia alle 21.30, per non chiudersi prima di notte fonda. Il deputato – e costituzionalista dem – Stefano Ceccanti, a sprezzo del pericolo (non potrebbe), fa la diretta Twitter (un vero live blogging dell’assemblea) e le notizie ai giornalisti arrivano così perché, per il resto, il Pd è chiuso in un riserbo serio e pesante. Letta mette i puntini sulle ‘i’ sempre in assemblea dicendo che "venerdì voteremo un presidente autorevole e super partes, qualcuno sarà contento e qualcuno meno". Una previsione che, fosse vera, sarebbe pure una notizia. Ma sarà così? Non si sa, ma il segretario dem ci crede. L’altra notizia è che "l’accordo dovrà tenere insieme tutta la maggioranza", il che però non è per nulla facile. "È una trattativa difficile perché dal centrodestra sono arrivati tutti no. I nostri no erano pubblici, i loro una lunga sfilza di no privati. Per ora il centrodestra nella sua interezza ha detto di no a tutte le nostre ipotesi di personalità terze: Mattarella, Draghi, Amato, Casini, Cartabia, Riccardi". E poi sull’attuale premier: "Dobbiamo fare di tutto per evitare di perdere Draghi, di qualsiasi ruolo si tratti".

I rapporti con Salvini ci sono, ma sono pari a zero. Invece, l’asse Letta-Renzi, il nuovo e inedito asse della politica italiana, regge per tutto il giorno, contro l’asse Salvini-Conte che va avanti ormai da giorni e sembra persino, a tarda sera, che possa concretizzarsi nella candidatura di Pier Ferdinando Casini al Colle, ma fino a notte fonda nessuno può dire l’ultima parola. Neppure Renzi, che spinge forte su Casini e neppure Letta, prudente.

Letta ha riunito i ministri del Pd (Franceschini, Guerini e Orlando) e i big del partito per un confronto a metà pomeriggio e a loro dice che "arrivano segnali importanti di apertura da parte di Salvini", ma Salvini si rintana con i suoi e questi grandi segnali di apertura non arrivano.

E questo dopo un giorno intero in cui sia Letta che Renzi hanno cercato di impedire in tutti i modi che decollasse la candidatura della Casellati. Questa operazione riesce a entrambi, anche se Conte sarebbe molto tentato dal provarci – e c’è chi dice che avesse già ‘garantito’ a Salvini ben cento voti dei suoi 5S sotto banco – ma far decollare la candidatura di Casini è operazione assai più difficile e complicata per entrambi, Letta e Renzi. Senza dire che per Casini giocano, ormai molto apertamente, Franceschini e Guerini mentre Orlando è ancora rimasto fermo su Amato ma non trova con sé che la sinistra del partito.

Dopo la breve, e aleatoria, fiammata Cassese, subito smentita, Renzi continua a insistere e a rilanciare la candidatura di Casini ma ha bisogno che qualcuno se la intesti "perché se se la intesta Matteo la brucia" riconoscono persino i renziani. Servirebbe che lo facessero, insieme, Letta da un lato e Salvini dall’altro, ma il vertice tra i due – sotto forma di conclave allargato o di tete a tete – non si tiene, figurarsi un vertice di maggioranza.

A sera, le quotazioni di Casini prendono il volo, poi ricadono. I 5Stelle prima bocciano apertamente il nome di Casini ("fonti qualificate"), poi invece dicono che "non ci sono veti". Conte vuole affondare Casini, mentre Di Maio è pronto ad aprire su di lui, la stessa identica divaricazione già avuta su Draghi.

Per il resto, Base riformista – gli ex renziani – su Casini stapperebbero tappi di champagne, l’area di Franceschini non vede l’ora di averlo al Colle, ma la sinistra interna non vuol saperne, fa muro, e su questo fa asse con LeU, l’ala D’Alema-Speranza-Bersani, che ancora tifano Amato e che vogliono, insieme, affossare sia Casini che Draghi.