Giovedì 18 Aprile 2024

Letta ripensa le alleanze future Campo largo? Meglio un Nuovo Ulivo

Il leader dem ha capito che un accordo con i Cinquestelle non basta, bisogna coinvolgere il centro

Migration

di Ettore Maria Colombo

Dall’esito del voto alle amministrative "abbiamo imparato che non dobbiamo litigare, che dobbiamo scegliere candidati che piacciono ai cittadini e che l’unità è fondamentale. Sono lezioni importanti che ci portiamo dietro in vista delle politiche" dice il segretario del Pd al Tg3. Letta vuole, giustamente, "godersi la vittoria" e "uno straordinario risultato", ma avverte: "Da domani tutti a testa bassa sulle elezioni politiche", tanto che già giovedì è convocata la Direzione.

I problemi in vista, in effetti, per il Pd, sono due. La vittoria alle comunali nasconde il tracollo del M5s (tra il 2 e il 3 come voto di lista al I turno, a livello nazionale crollato al 10% con il partito di Di Maio tra il 3 e il 5%) mentre le liste dei centristi sono cresciute e hanno portato voti ai candidati della coalizione, anche ai ballottaggi. Invece, l’elettorato dei 5Stelle si è apertamente astenuto, come evidenziava ieri l’istituto Carlo Cattaneo, rifugiandosi nel non voto, di nuovo altissimo, come pure ha fatto, in gran parte, quello moderato e, in grande quantità, l’elettorato di centrodestra. Inoltre, proprio l’alta astensione – è il timore del Pd – potrebbe nascondere una pericolosa insidia: se mobilitati in massa, gli elettori di centrodestra restano maggioritari e con una legge elettorale in parte maggioritaria possono imporsi nei collegi. L’altro busillis è, dunque, se i vari partiti centristi è meglio averli alleati, in coalizione, per vincere nei collegi, o autonomi per toglier voti alle destre. Letta sa anche, però, che l’alleanza con i 5s non basta. A Palermo e Genova non è servita a nulla, mentre Verona, Parma, Piacenza, Monza, Cuneo, sono vittorie ottenute senza ci fosse il simbolo di M5s, mentre solo ad Alessandria e Catanzaro c’era. Il Nord può diventare contendibile, compresa la Lombardia, ma lì e in Veneto servono i moderati. Forse il rapporto privilegiato con Conte è finito, forse no.

Il segretario dem siciliano, Barbagallo, che pure tiene a battesimo le primarie con l’M5s, il 23 luglio, ora apre ai centristi (Iv, Azione,+Eu). In Lazio e Lombardia non è detto si facciano. E, dal “campo largo“, il leit motiv del Nazareno ora vira sulla suggestione del “Nuovo Ulivo“, formula che ha di certo un sapore più moderato, oltre che, ovviamente, a nuovi partiti e al civismo. Anche perché, pur quotato al 21% nei sondaggi non basta neppure l’ottima performance del Pd. E non solo perché Fd’I resta il primo partito, al 22%, ma perché l’insieme dell’area centrista (Azione-+Europa al 5,5%, Iv che sale al 3,5%, Ifp al 3%) vale un più che rispettabile 12% ed è in crescita, di gran lunga superiore al 10% cui è ridotto M5s. E anche se Calenda non ne vuol sapere di sedersi al tavolo, con il centrosinistra, e andrà da solo, con tutti gli altri – da Di Maio a Renzi, persino – si può, invece, provare a ragionare. Certo, mettere insieme, seduti allo stesso tavolo, i centristi e gli ex 5s ai 5Stelle guidati da Conte non sarà impresa facile, ma Letta ci vuole provare, e anche presto. Partendo, "dai programmii" e non dalle formule o dai contenitori. Forse, per il campo largo, è tempo del tramonto.