Giovedì 18 Aprile 2024

Letta mette il bavaglio ai dem "Colle e legge elettorale sono tabù"

Pd diviso sulla successione a Mattarella. Il leader tifa per il maggioritario ma non tutti i suoi la pensano così

di Ettore Maria Colombo

"Salgono le quotazioni di Giuliano Amato" dice un democrat che la sa lunga. "Vedrai, al Colle ci va Draghi e Franco ne piglia il posto" fa un altro. "Ma va, Renzi si accorda con Salvini e puntano sulla Casellati" fa eco il terzo. "Il nome giusto è la Cartabia" assicura l’ultimo dem interpellato sulla corsa al Colle. Invece, sulla legge elettorale: "Parrini e Calderoli si sono parlati per fare un sistema proporzionale di base, ma a doppio turno e con premio di maggioranza così la Lega non deve contrattare i collegi del Rosatellum con FdI" dice uno. "Con Parrini io ci parlo tutti i giorni – ribatte un altro – e con Calderoli non si è visto. La pdl, sua e di Ceccanti, manco è depositata". Tutti i ‘parlanti’ sono dem di un certo lignaggio, ma parlano solo dietro garanzia di anonimato. Sono assai terrorizzati, e vanno capiti. Rischiano di incorrere nei fulmini e saette di padre Zeus.

Il segretario, infatti, e tutto il Pd official dietro, ha deciso che di Colle e legge elettorale non si parla. Letta lo ha rispiegato ieri, a Pisa, dando anche un timing preciso al ‘fino a quando’ non se ne parla, stile diktat di Lenin al Pcus. Di Colle "non" si parla fino al discorso di Capodanno di Sergio Mattarella, l’ultimo, peraltro, del suo mandato. Peccato che la ‘letterina’ di Natale con cui Fico convocherà i 1009 Grandi elettori che dovranno eleggere il nuovo presidente della Repubblica partirà molto prima, sotto Natale, o subito dopo. Ergo, è presumibile che le Camere saranno convocate per la prima seduta già il 20 gennaio. Il Pd, però, non profferirà sillaba fino al I gennaio.

Sulla legge elettorale il timing è anche peggiore. Non se ne parla fino a nuovo Presidente insediato. Ora, al netto di una votazione ‘lampo’, cioè al primo scrutinio, potrebbero volerci settimane, per eleggere il nuovo Presidente, che poi va insediato. Diciamo che si fa, se tutto va bene, febbraio, ma il Pd si rifiuterà di parlare pure di legge elettorale, fino ad allora. Però, ieri, Letta una cosa la dice: "Le liste bloccate sono il Male assoluto". Il che, tradotto in ‘elettoralese’, vuol dire o preferenze (che funzionano solo col proporzionale, puro o con sbarramento) o collegi plurinominali stile Provincellum (come nella pdl Parrini-Ceccanti) o tutti collegi uninominali (che si coniugano con il Mattarellum o col Rosatellum, ma rovesciato).

Un atteggiamento, quello di Letta, assai singolare, se si considera che tutti gli altri partiti ne parlano, di Colle, ma qui il leader si fa pure spocchioso: "Sono solo criceti che si affannano nella ruota". È una sorta di ‘mossa del bradipo’, o ‘della tartaruga’. Il Pd si rifugia dentro il suo guscio, la sua comfort zone, e si rifiuta di parlare di temi che, dentro i suoi gruppi, sono altamente divisivi. C’è chi, per il Colle, vuole l’accordo con Renzi (Br) e chi lo vede come Belzebù (la sinistra). Chi vuole tenersi stretti i 5Stelle e chi vuol mollarli. Magari per i centristi, magari per Forza Italia. Sulla legge elettorale, Letta è un maggioritarista, i Giovani turchi e Area dem proporzionalisti, gli zingarettiani pure, Base riformista ha il suo testo (Ceccanti-Parrini) e spera che Letta lo adotti. Meglio, dunque, mettere a tacere i dissidi interni con l’ukase lettiano. Di una sola cosa, invece, amano parlare, al Nazareno: il Pd è primo partito, lo dicono tutti i sondaggi, e tutti li sbandierano.