L’estate che non vuol finire mai. I weekend d’autunno? Tutti al mare

Da domani temperature fino a 30 gradi. Così cambiamo abitudini, ma bisognerebbe aprire gli occhi sul clima

Ecco che, passato il caldo d’agosto, l’animo si colmava di un piacevole senso di malinconia. Le giornate incominciavano ad accorciarsi e le brume autunnali a risalire le valli che perdevano i verdi intensi dell’estate. Ottobre segnava un brusco taglio alla spensieratezza: iniziava la scuola, si salutavano gli amici delle vacanze, riprendeva la vita nella città. Chissà quale tormentone imperituro intonerebbero oggi i Fratelli Righeira dinanzi a questa estate infinita. Forse inventerebbero un inno all’autunno che proprio non vuole iniziare.

Ottobre sembra un agosto che non vuol finire mai
Ottobre sembra un agosto che non vuol finire mai

Contrordine, italiani (tanto ci siete abituati): riempite nuovamente le auto appena svuotate dai secchielli e dalle palette, riesumate i teli da mare appena riposti sottovuoto, riposizionate gli abiti leggeri a portata di mano nell’armadio a quattro stagioni. Da domani temperature anche fino a 30 gradi. L’estate non finisce! E così quegli stessi flussi dei rientri intelligenti, hanno preso nuovamente la via del mare. Le spiagge, sfrattati gli stormi di gabbiani che ne avevano appena preso possesso, hanno rivissuto il tamburellare dei racchettoni, i calci sul pallone, il rito di una tintarella al sole che non vuol dormire.

Ma l’autunno dove lo mettiamo? Quei meravigliosi dipinti di boschi sfumati nei toni della terra, l’odore di muschio e di funghi, le giornate uggiose mentre fuori piove? Tranquilli nulla si è perso del piacere di una stagione intermedia. Fa solo un gran caldo. Un caldo anomalo, dicono in molti. Un caldo che dovrebbe indurci a riflettere sulla rapidità con cui il nostro vivere moderno sta condizionando il mondo che ci circonda, incide sulle sue ritualità perenni, sui moti delle sue stagioni. Sperare ormai che l’anomalia sia figlia soltanto di una ciclica circostanza è una chimera: se dobbiamo ritornare indietro di due secoli per individuare un’annata altrettanto torrida, non è un caso. Correre ai ripari diventa dovere impellente per la nostra stessa sopravvivenza. Sì, perché questa rivoluzione climatica ha come conseguenze immediate – le sta vivendo l’Africa ma le abbiamo viste anche nel nostro continente – siccità e conseguenti carestie, fame e flussi di migranti, instabilità politiche e povertà. Caleranno comunque i freddi da nord. Saranno probabilmente in grado di cancellare la memoria di questa singolare estate infinita. Qualcuno sventolerà allora statistiche confortanti.

Tutto nella norma, cittadini! Allora le nostre lamentele cambieranno tenore e anche il caldo della fine di questo ottobre passerà nel dimenticatoio. Forse è proprio questo tira a campare che sta contribuendo a modificare le radici del mondo. Forse fermarci un attimo per una verifica aprirebbe gli occhi a tutti, anche ai tanti che guardano agli sconvolgimenti in atto con una punta di egoistico scetticismo. Un momento di sosta per vedere se migliora. Un attimo di riflessione per ricordarci dei fiumi di fango, delle bombe d’acqua, del mare infuriato, dei venti d’uragano che ci riguardano sempre più spesso.

Ricordiamocelo anche quando, attorno all’albero di Natale, daremo la caccia alle zanzare o quando la neve smetterà di alimentare i nostri fabbisogni sciuponi. La natura è capace di automatici riequilibri. È parca nel donare e, quando dona, chiede pegno. C’è solo da sperare che non ci faccia pagare in unica soluzione il protrarsi di queste ottobrate fuori misura. Oppure, stanca della nostra ingombrante presenza, scrolli le sue possenti spalle disarcionando il genere umano per godersi, finalmente, la sua infinita estate in santa pace.